Discussione:Italimpianti

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Parlare oggi oltre il 2010 di Italimpianti dice ormai poco, perché a distanza di anni a seguito della sua privatizzazione sono andati quasi completamente persi ricordi, importanza delle realizzazioni tecniche, impatto sull’industria italiana nel nostro Paese e nel mondo. Italimpianti è stata senza dubbio l’azienda statale che maggiormente ha caratterizzato l’industrializzazione nazionale dagli anni 50 alla fine degli anni 80.

In questo periodo l’industria sulla quale aveva puntato lo Stato era quella meccanica e la siderurgica con la costruzione di nuovi centri di produzione e l’ammodernamento di quelli esistenti operativi prima del conflitto mondiale. Vi era un immenso lavoro da svolgere legato alla progettazione per lo sviluppo di nuove tecnologie relative a forni da calce, cokerie, cowpers, altoforni, forni elettrici, ecc.

Entrare in queste realtà di progettazione e realizzazione significava dotarsi di tecnici validi, attorniarsi di aziende capaci nelle realizzazioni pratiche, fornire lavoro a centinaia e centinaia di maestranze in grado di operare in tutto il mondo.

Italimpianti era in grado di generare un incredibile spirito di corpo tra i lavoratori, i tecnici, gli ingegneri, una fortissima sintesi tecnologica ed unione tra le varie aziende del gruppo IRI chiamate alle realizzazioni industriali più rappresentative per l’epoca.

Da non dimenticare come all’epoca la siderurgia fosse in forte espansione in tutta Europa e nel resto del mondo, compresi i paesi detti emergenti, in particolare il Sud America e la zona Arabo Iraniana. Ma l’impiantistica era in ampliamento ovunque e in particolare le aziende tedesche, svizzere e svedesi, da sempre all’avanguardia, soffrivano non poco l’aggressività di Italimpianti sui mercati mondiali. Come non dimenticare ad esempio colossi come Siemens, Concast, Voest Alpine, ABB ed altre, sempre presenti e ricorrenti in ogni angolo del globo.

Inizialmente fu l’Italia che vide lo sviluppo impetuoso dell’azienda genovese. Il “brodo di coltura” furono le aziende siderurgiche FINSIDER del vasto Gruppo IRI. Basta elencare i centri di produzione per capire le enormi possibilità di interevento che lasciavano a Italimpianti diritto di prelazione delle commesse. Si ragionava su Genova Cornigliano, Cogne, dal mine, Breda Siderurgica, Innse Sant’Eustacchio, Trieste, Piombino, Terni, Bagnoli, Taranto, Ansaldo ed altre ancora.

I pacchetti ordine erano pesanti. Bisognava lavorare bene per aumentare fiducia tra i clienti e prepararsi allo sviluppo oltre i confini nazionali.

Ma la maggiore attività in campo siderurgico si ebbe con la costruzione dello stabilimento di Taranto, l’acciaieria più grande d’Europa, una tra le maggiori del mondo. In realtà si trattava, come ancora allo stato attuale, di 2 acciaierie autonome vere e proprie. Servite dalla ghisa fusa da 5 altoforni (uno tra i maggiori del mondo), disponevano di convertitori ad ossigeno LD da 300 e 350 ton. cadauno. Poi vi erano impianti di trattamento ghisa, affinazione acciaio, forni a pozzo per i lingotti, forni da riscaldo, laminatoi di vario tipo, forni per la produzione della calce, filtri di ogni tipo, impianti di trattamento delle acque e dei fumi, ecc.

Questi impianti erano facilmente riconoscibili perché riportavano ben visibile il nome ed il logo della ditta di Genova, come una sorta di soddisfazione e compiacimento per l’avvenuta realizzazione.

Quindi iniziarono le grandi realizzazioni all’estero: famosi surono gli impianti in IRAN come le due acciaierie complete di Bandar Abas ed Isfajan e l’acciaieria in Sud America a Tubarlo, per proseguire poi con altri importanti impianti anche in Russia. Queste ordinativi misero in moto un volano notevole di attività su altre aziende Finsider collegate ed altre aziende private, compresi piccoli artigiani.

Si era messa in moto una grande quantità di lavoro che interessava industrie meccaniche, progettazione e produzione di refrattari (la genovese Sanac SpA del gruppo Finsider), produzione di lamiere, tubazioni, cementifici (la Cementir sempre del gruppo Finsider), colori e vernici, lance per l’uso dell’ossigeno, oli e lubrificanti in genere, produzione e trasporto di ossigeno ad alta pressione, coperture in genere, automezzi di grandi dimensioni (ad esempio i camions da cava Perlini), binarin da ferrovia, treni diesel per il traino dei prodotti interni, gru di sollevamento e relativi cavi di grosse dimensioni, valvole di ogni tipo e dimensione, attrezzi vari manuali come chiavi inglesi ed altro, abiti da lavoro in genere, ecc. Per concludere, ricambi necessari per tutto quanto indicato.

Purtroppo non disponiamo di dati sui vari fatturati negli anni, ma da quanto abbiamo indicato è facile presupporre un business alquanto elevato e tale da muovere interessi, invidie, tensioni di natura anche politica, ecc. tutte situazioni che si incontrano specialmente nelle aziende a gestione pubblica, in particolare in quegli anni.

In seguito negli anni Italimpianti ampliò i settori di intervento allo scopo di diversificare le attività. Sorsero in tal modo i settori per l’agro alimentare, il trattamento delle acque ed altro.

Poi, verso la fine degli anni 90 giunse la crisi, in parte prevedibile, in parte poco spiegabile, poco chiara. In Italimpianti furono convogliate ed inserite altre aziende già in sofferenza di ingegneria civile e costruzioni ed il bilancio diventò insopportabile, da profondo rosso e la situazione divenne irreparabile. L’azienda aveva perso i propri connotati originari, assumendo caratteristiche completamente diverse.

Scorpori, cassa integrazione, prepensionamenti, privatizzazione delle parti migliori perché maggiormente redditizie, quindi declino e fine di quella che era stata una grande realtà, una fucina di tecnici valenti, in pratica adesso definitivamente persi.

Ora a distanza di anni, se dovessimo progettare ad esempio un altoforno o un cowper l’Italia sarebbe in grado di esprimere tale lavoro altamente tecnico? Quanti hanno conosciuto e conoscono la complessità della materia rispondono negativamente, mentre le ditte analoghe tedesche, nonostante le crisi siderurgiche passate, hanno sempre le conoscenze tecniche per proseguire nelle attività.

Professionalità importanti sono andate perse forse per errori di strategia, sottovalutazioni, pressappochismo, scarsa conoscenza di dettaglio, possibili affari sconosciuti e discutibili almeno dalla parte di quanti vi lavorava ed era orgoglioso di appartenere a quella realtà nazionale tanto coinvolgente.