Discussione:Giovanni Pascoli

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Inserito temporaneamente testo scorporato da Letteratura italiana in attesa di sistemazione. Sbisolo 18:13, Apr 6, 2004 (UTC)

Giovanni Pascoli (1855 – 1912)

Giovanni Pascoli ,dell’amministratore di una tenuta dei principi Torlonia, a San Mauro di Romagna. . Nel 1867, però, il padre fu assassinato. Tale tragedia segnò indelebilmente la vita del poeta. Poco dopo morirono la madre ed una sorella. Inoltre la morte del padre aveva creato seri problemi economici alla famiglia. Nonostante le notevoli difficoltà , Pascoli conseguì la maturità classica e si iscrisse alla facoltà di lettere a Bologna, dove ebbe come docente il Carducci. Durante il periodo universitario aderì alle idee socialiste e fu arrestato come agitatore politico. Quando tornò in libertà riprese gli studi, grazie ad una borsa di studio procuratagli dal Carducci e si laureò. Per alcuni anni insegnò in vari licei, poi fu docente all’università a Pisa , dove in un famoso discorso inaugurale, enunciò la famosa poetica del fanciullino. Nel frattempo Pascoli cercò di ricostruire la famiglia distrutta, insieme alle sorelle Ida e Mariù. Dopo il matrimonio di Ida, Giovanni e Mariù rinunciarono ad ogni occasione di sposarsi. Nel 1906, il pascoli successe al Carducci sulla cattedra di letteratura italiana a Bologna, morì nel 1912.

Il fu poeta sia in italiano sia in latino e vinse numerosi premi di poesia latina.   La sua prima raccolta di poesie, in italiano, è Myricae, in seguito commentò  la Divina Commedia, ed elaborò la poetica del fanciullino e compose i Canti di Castelvecchio , in seguito  scrisse i  Primi Poemetti che  rievocano la  giovinezza del poeta.  Nei Poemi Conviviali  il poeta rievoca  i miti dell’antichità  negli ultimi anni di vita  pubblicò  Pensieri e Discorsi  e Odi ed Inni, poesie    le glorie storiche, ed infine i  nuovi poemetti. La morte gli impedì di  terminare i Poemi Italici, le Canzoni di re Enzio ed i Poemi del Risorgimento.

Poetica di Pascoli.

Nella prolusione tenuta nel 1903, all’università di Pisa, Pascoli enunciò la sua visione dell’età antica, vista come un mondo primitivo, in cui il poeta contempla la realtà con gli occhi attoniti di un fanciullo. Il fanciullo ha la capacità di percepire il lirismo di ciò che lo circonda, poiché non ha ancora conosciuto le delusioni ed i disinganni della vita. Il bambino non ha ancora perso la capacità di stupirsi e non ritiene ovvie le cose.

Egli proietta all’esterno il proprio mondo interiore, senza   tema di essere deriso, l’adulto, invece, ha perso la capacità di percepire l’intimo linguaggio delle cose o, comunque, è restio a manifestare tali sensazioni, giudicandole puerili. Il poeta è colui che nel cuore è rimasto fanciullo ed ha conservato la capacità di commuoversi ed esaltarsi per le cose quotidiane.  Per il Pascoli il fanciullino rappresenta dunque la capacità di percepire il mondo e la realtà in veste poetica.   L’adulto, deluso dalla vita, ha perso la possibilità di percepire l’essenza delle cose, di stupirsi, di entusiasmarsi ed è divenuto prosaico, seppure ha conservato qualche moto d’ingenuità, se ne vergogna. L’artista, sia egli poeta, pittore, musicista, scultore etc., conserva la capacità del fanciullo di penetrare l’essenza delle cose, di avvertirla intimamente e di farne partecipi gli altri, senza remora alcuna, perché possano ritrovare in se stessi gli echi dell’infanzia, quando il confine tra modo di percepire le cose e poesia, tra realtà e sogno, è estremamente labile. La poetica del Pascoli si cristallizza nella metafora del fanciullino, che vuole richiamare alla capacità emotiva elementare insita nell’uomo, permanente ed incorrotta nel poeta, e che la poesia stessa ha facoltà di risvegliare negli uomini. Tale personificazione limita alquanto l’evolversi di un’intuizione poetica che avrebbe potuto essere vertiginosa: il capovolgimento del criterio poetico, capace di rendere l’oggetto della poesia indipendente dal poeta (NB.- la poesia da soggettiva diviene oggettiva, quindi, da voce del poeta, diviene voce delle cose).  Il fanciullo forgia il nome delle cose, modellandolo sull’essenza intrinseca che egli percepisce, basandosi più sulle similitudini che su reali somiglianze (legame analogico). Pascoli, dunque,  ravvisa nel  poeta un medium, che ha la capacità di percepire la poesia insita nel creato e di renderla palese a  coloro che non posseggono tale  facoltà. Pascoli reagì alle calamità famigliari e superò la crisi esistenziale che aveva minacciato di travolgerlo, ricostruendo con le sorelle, soprattutto con Maria, il focolare distrutto. Il mito del nido, della famiglia come estremo rifugio dal male del mondo, nasce in Pascoli dal trauma subito in seguito all’assassinio del padre ed alla conseguente disgregazione della famiglia. I superstiti legami famigliari, rappresentati dalle sorelle, soprattutto  Mariù, con la quale, dopo il matrimonio di Ida, trascorse il resto della vita, diventano  la fortezza in cui il poeta si chiude, contro il mondo, le sue tentazioni, le sue minacce. La famiglia – nido racchiude uno spazio che offre sicurezza e protezione, è un ritorno all’infanzia, quando la casa racchiudeva il mondo intero. Nella famiglia  Pascoli  trova quegli affetti sicuri che lo proteggono da eventuali  esperienze amorose ed un baluardo contro il fascino dell’infinito che lo attrae e lo respinge. La famiglia fu per il poeta porto sicuro e misura del mondo. Pascoli avvertì l’incombere del male e dell’ingiustizia sull’esistenza e cercò rifugio dai crucci che gli venivano dal mondo esterno, negli affetti domestici. Da tale microcosmo Pascoli uscì solo con l’immaginazione, concependo una poesia indipendente dal poeta stesso, voce della natura, delle cose, delle creature, ma anche mondo poetico  che trascende ed include il poeta stesso. Anche le posizioni politiche  di Pascoli, superficiali e contraddittorie, trovano una spiegazione  nel simbolo del nido, infatti  l’adesione al socialismo è intesa più come solidarietà tra gli uomini  che come lotta di classe, mentre l’apparentemente incongrua adesione al programma coloniale in Libia diviene comprensibile se  alla famiglia nido si sostituisce  la patria – nido. Una patria  vista come nazione proletaria, che deve mandare i suoi figli a cercare lavoro nei paesi capitalisti. In tale ottica diviene  logico un allargamento coloniale della patria – nido, perché possa offrire sicurezza ai suoi figli.  Nella stessa ottica del nido si inserisce il rifiuto pascoliano della storia  e della scienza, infatti , il Pascoli rifiuta il mondo contemporaneo, infatti la scienza non ha saputo  guarire i mali dell’uomo. Il poeta sente che il  dolore è congenito nella vita dell’uomo e può trovare sollievo solo  nella rassicurante vicinanza delle cose quotidiane. Il poeta medita quindi su quella realtà che  è al di là dell’apparenza, assumendo l’atteggiamento tipico del decadentismo che cerca l’ignoto, il mistero, il simbolo. Come simbolisti e decadentisti cercavano  la fuga dalla realtà  nell’esotismo,  nel piacere, nella raffinatezza formale, il Pascoli  trova scampo nell’intimo ripiegamento del proprio io. 

Una mescolanza di attrazione e di timore anima il Pascoli di fronte al problema della conoscenza: l’infinito e l’inconoscibile lo attraggono come una possibile via di fuga e nello stesso tempo atterriscono l’uomo semplice che il poeta riconosce in sé.[ NB.- dove Leopardi trova angoscia e tedio, Pascoli incontra pace e conforto, e dove Leopardi cerca la fuga ed il rimedio al mal esistenziale, Pascoli coglie il panico dell’infinito e dell’ignoto] Tale limitazione, invece che essere riduttiva, apre la via alle felici intuizioni pascoliane che portano al centro della poesia le creature, umane e non, che prima ne erano il semplice oggetto. In tali momenti l’individualità del poeta ed il suo giudizio si perdono, cessano il pianto e la leziosità, conferendo dignità a persone e cose prima neglette dalla poesia illustre. Pascoli, nell’intento di privare il poeta della sua soggettività usa un linguaggio essenzialmente affettivo, a volte imitativo, dalla sintassi lineare, caratterizzato da riprese iterative e, tenta di creare autonomia alle cose liberandole, anche sintatticamente, dalla subordinazione (sintassi paratattica di modello latino.) Pascoli per ciò che riguarda i temi, il lessico, i modi, tenta di acquisire la prosa alla poesia, tentando nuove vie, come è proprio dei grandi. Egli parla delle cose semplici che affettivamente costituiscono il suo mondo ma non gli sfugge il significato innovatore delle sue scelte sia tematiche, sia linguistiche ed espressive, annullando, però nel suo intrinseco umanesimo, ogni vera rottura col passato: la sua prosa trapassa istintivamente al lirismo; le immagini classiche si stemprano nel fascino del mito, poiché manca una volontà di giudizio accentratrice, attuando così un'alternanza di solenne e di famigliare, di grande e di minuto. Nella poesia pascoliana compare un carattere rapsodico (accoglie temi popolari), spontaneo e semplice, nel quale sono presenti temi e rappresentazioni del dolore che risultano avulsi dal contesto temporale, trattati con il patetico anonimato (atteggiamento tipico del rapsode) della poesia popolare dei bardi (l’associazione di natura e morte è tipica della georgica pascoliana). Nei brevi componimenti che costituiscono il vertice dell’arte pascoliana il tono rapsodico è riassorbito dal nitore delle immagini, dal potere evocativo dei suoni e dallo stesso significato lessicale delle parole. Le impressioni paesaggistiche si differenziano da quelle ottocentesche perché sono avulse da ogni preciso riferimento spazio - temporale e, solo eccezionalmente, si avverte la coscienza del poeta (novembre: gemmea l’aria). Tali versi sono insieme l’immagine di un momento e l’espressione di un’eterna ciclicità. La stessa puntualizzazione del tempo, che talvolta Pascoli persegue, non fa che designare un attimo che sottolinea la continuità del tempo stesso. La realtà è spesso risolta nella fantasia: Pascoli non ode suoni, non vede cose, bensì percepisce echi e fantasmi. L’elegia famigliare va ad inscriversi nell’universalità del mondo, il dolore è sentito come insito nella vita dell’uomo e può trovare sollievo nella rassicurante vicinanza delle cose quotidiane. Ciclicità rapsodica ed impressione esistenziale, quando coincidono, lasciano emergere l’individualità del poeta, del suo sapiente anonimato. NB.- sarebbe però ingenuo credere che il Pascoli sia davvero votato alle piccole cose, in realtà si tratta di una interpretazione sognante, musicale, leggendaria della vita, nella quale le piccole cose rientrano non meno delle più grandi e le richiamano (nessi analogici) e nella quale si inseriscono i richiami alla vicenda personale. NB.- Pascoli spezza la struttura tradizionale del componimento poetico isolando i singoli frammenti lirici, esprimendo impressioni e trasalimenti con novità metriche e ritmiche [tentativo di metrica neoclassica basata sul rispetto prosodico di lunghe e brevi, sostituendo alle lunghe le sillabe accentate ] che fanno della parola una vera e propria immagine – suono. La creazione poetica non avviene per sintesi di elementi, bensì per giustapposizione (vicino \ lontano in “nebbia”), di concetti, di immagini, di suoni, di sensazioni. Figure e cose diventano simboli, sensazioni sfumate, ambigue e falsamente semplici, parole rare sono inserite spesso come puro suono, immagini apertamente ingenue, ma decadentisticamente preziose, è l’ingenuità raffinata e complicata tipica di Pascoli. Compaiono le onomatopee e le melodie riprese dalla tradizione e mediate dalla poesia (lavandare). Il linguaggio tradizionale ha la funzione di legame col passato. Dai temi consueti (natura, mistero, dolore, tragedia, rievocazione autobiografica, amaro pessimismo esistenziale, presagi di morte), emerge, in “digitale purpurea” (primi poemetti 1904), un apporto inedito: Pascoli lascia intravedere una nuova dimensione della vicenda umana, più oscura ed insidiosa, nella quale può decidersi il destino in un attimo che è, contemporaneamente, dentro e fuori del tempo (la fanciulla che aspira il profumo della digitale attinge la consapevolezza del peccato).Si tratta di uno dei momenti di maggior accostamento del Pascoli al Decadentismo mistico - erotico: il mistero qui è occulto fascino del peccato, il dolore è sensazione torbida ed assaporata, il lirismo diviene forzatura sentimentale. L’indeterminatezza delle sensazioni arcane fa sì che il gusto decadente prevalga sulla libera fantasia, preludendo quasi ai Crepuscolari nell’indulgere alle sensazioni arcane ed alla rievocazione. Nella poesia pascoliana la quotidianità della materia rievoca la ritmicità e la ciclicità del tempo; la pietas pascoliana tenta invano di escludere dal suo mondo, noto e rassicurante, ciò che di misterioso ed inconoscibile racchiude il mondo esterno. Da tale mistero il poeta è spaventato ed attratto. Il macrocosmo resta silenzioso ed arcano, avviluppando il microcosmo: nel mondo vi sono mistero e dolore, ma la vita semplice e familiare e la contemplazione della natura possono recare pace all’uomo. Con l’accentuarsi della poetica decadente (reazione al realismo ed al naturalismo, predilige le problematiche ed i temi connessi alla vita interiore, presentati mediante immagini simboliche, astratte, preziose) la sintassi è caratterizzata da tagli netti e si fa più sensibile quell’atmosfera simbolistica ed analogica che ha pi ispirato i poeti del ‘900, dai Crepuscolari a Montale. In tali liriche il dato naturale e sensitivo non è contemplato e descritto, bensì resta soltanto allusivo: è questo il punto d’arrivo del Pascoli decadente. Emergono vizi e virtù della poesia pascoliana: ricerca innovativa, un’innegabile leziosaggine, l’uso, a volte eccessivo, dell’onomatopea, la leggiadria, a tratti stucchevole, di certi ritmi, le compiacenze lessicali popolareggianti, un certo manierismo, l’ipersensibilità, l’acuta percezione delle cose. Il mondo emotivo del Pascoli da simbolico diviene reale, assumendo una propria concretezza, nella quale il poeta trova rifugio in un ristretto orizzonte spazio- temporale (al contrario di Leopardi: raffronto Nebbia – Infinito). Il dramma del 10 agosto 1867, s’è impresso indelebilmente nell’animo del poeta, ed ora, tutto ciò che è estraneo, inconoscibile, si traduce in un’oscura minaccia, ed il poeta si affaccia sul mondo col brivido di chi si sporge sull’abisso.. Quando la “poetica del fanciullino” cessa di essere metafora e diviene una personificazione, è a tratti invadente, poiché se da un lato permette alle cose di primeggiare, dall’altro induce Pascoli ad edulcorare la sua poesia, fino a renderla leziosa, sminuendone la forza. Tuttavia l’esplorazione lessicale resta illimitata, nella consapevolezza che l’inversione poetica, portando le cose al centro dell’azione, comporta la creazione di nuovi ritmi e di nuove metriche, conformi al piano infantile sul quale deve svolgersi la poesia per essere voce delle cose. Pascoli introducendo l’immagine del poeta, inteso come spirito semplice, che si cala tra le cose e le creature più umili, restituisce loro la parola, ma per fare ciò ha bisogno di quella figura mediante che è il fanciullino. Le liriche migliori sono però quelle dove la querula voce della figura mediante tace e si alza netta, priva di mediazioni, la voce delle cose. Quando la soggettività del poeta si limita ad ascoltare, resta la melodia più autentica, come commozione trascendente le parole, ed il linguaggio pascoliano s'innalza, superando la propria natura imitativa. Alla percezione dell’infinito nel finito si deve un’altra innovazione del Pascoli: il poema colloquiale, dove, dal consueto delle frasi, si arguisce l’evento fatale. Con i “Canti Conviviali” il Pascoli cede alla suggestione classicista delle “odi barbare”, ma, mentre il Carducci conserva la coscienza e la capacità di discriminazione tra sogno e realtà, Pascoli si abbandona alla fantasticheria, dove l’eroe ha funzione prevalentemente allegorica, è un predestinato, quasi sempre prossimo alla morte, che obbedisce ad occulte istanze che gli giungono dall’infinito. Eroe, per Pascoli è colui che è spinto da una propria necessità interiore a sfidare il mistero dell’infinito. Pascoli si accosta agli antichi scrittori greci e spesso riprende il linguaggio omerico (il tessitor d’inganni, la nave nera etc.) ed il materiale mitico, spesso sottilmente alterato, converge sull’inconoscibile e sul mistero del destino umano. NB.- Pascoli, mediante la forma impersonale e rapsodica, sembra voler suggerire l’esistenza di un canto preesistente, che descrive la ciclica, faticosa, vicenda umana. Tale canto egli raccoglie, come hanno fatto molti altri prima di lui e come faranno coloro che, dopo di lui, a loro volta lo continueranno. Tipico è l’inizio di strofa con la falsa copula “… E sul lor capo…”che lascia supporre la ripresa di un discorso preesistente. Pascoli dà solennità epica ai poveri eventi quotidiani, e conferisce una patina di quotidianità a quelli eroici, onde ricreare la “naturalità “ dell’esistenza, che per il Pascoli è, inscindibilmente, mito e realtà, macro e micro cosmo. La materia mitica giunge da grande distanza nel passato ed è filtrata attraverso il linguaggio pascoliano, che ne raccoglie il mondo poetico ed il linguaggio lungamente sperimentato, però, rinnovandoli nella sua geniale vocalità e nella novità tecnica e stilistica di una lingua volutamente disueta, quasi irreale e colma di suggestioni, nella quale la figura mediante non è più il fanciullino, bensì l’aedo. Le sollecitazioni politiche furono assai generiche nel Pascoli a causa della sua astoricità e si riassunsero in un innocente eroismo umanitario, in una pietas (= devozione ai più elevati valori della tradizione) capace di conciliare ed affratellare gli uomini. Nella stessa ottica del nido si inserisce il rifiuto pascoliano della storia e della scienza, infatti , il Pascoli rifiuta il mondo contemporaneo, infatti la scienza non ha saputo guarire i mali dell’uomo. Pascoli sente che il dolore è congenito nella vita dell’uomo e può trovare sollievo solo nella rassicurante vicinanza delle cose quotidiane. Il poeta medita quindi su quella realtà che è di là dell’apparenza, assumendo l’atteggiamento tipico del decadentismo che cerca l’ignoto, il mistero, il simbolo. Come simbolisti e decadentisti cercavano la fuga dalla realtà nell’esotismo, nel piacer, nella raffinatezza formale, il Pascoli trova scampo nell’intimo ripiegamento del proprio io.Quando deve passare dalle cose umili da svelare, alle pubbliche da commentare, Pascoli, grazie alle sue doti stilistiche e ritmiche, riesce a creare un sicuro effetto esteriore, ma, specialmente nell’inno, che per sua natura è alieno dall’animo pascoliano ed assai lontano dall’idillio che al poeta è tanto congeniale, il poeta cade in una retorica che gli è completamente estranea, mentre la mancanza di un credo politico gli impedisce di creare un’autentica poesia civile. Per Pascoli la comprensione del mondo non è storica, bensì allegorica, poiché nel poeta il simbolismo è innato, inscindibile dal suo spirito poetico, istintivo più che frutto di volontà deduttiva (com’è invece nei moderni). Nello stesso modo, come si è detto, Pascoli è, a tratti, spontaneamente decadente, in quanto la sua non è una consapevole scelta di temi e di modi, bensì uno spontaneo sentire la continuità di ciò che è vivente. Ciò che v’è di affabile o di solenne, di immediato o di manieristico nel linguaggio pascoliano ha origine nel latino di Catullo, di Orazio, di Virgilio. Il latino è per il poeta una lingua viva, intima, duttile, da ritrovare e da sviluppare nell’italiano. Nei Carmina il latino è trattato col gusto del parlato, in una completa sospensione della storicità ed ha la stessa espressività dell’italiano, tanto da divenire occasione di innovazione. Infatti, tra i grandi meriti del Pascoli vi è quello di aver reso l’italiano un lingua moderna e duttile ed i tale scioltezza, che viene dal latino, gli è debitrice tutta la poesia posteriore. Pascoli nel latino trova suggerimenti, simboli, modelli: egli è un rivoluzionario nella tradizione ed a causa della tradizione. Nel Pascoli la poesia latina è espressione genuina e spontanea, frutto di un doppio versante linguistico e non mero genere letterario o ricerca estetica, come ne ha prodotta il decadentismo. La poesia latina pascoliana non è né antica né moderna, bensì unicamente una delle parti di quel poema eterno intrapreso dal Pascoli e troncato solo dalla morte. Pascoli, nelle sue prose (prolusione del 1903 - prefazioni), afferma la sua idea di poesia, intesa come intima predisposizione ed intuizione di una poesia eterna ed immanente nella natura, che deve essere riscoperta con il candore del fanciullo. Una poesia onnipresente impersonale, planetaria, astorica ed atemporale, della quale il poeta sarebbe solo un medium ,se con la sua arte non la ampliasse e la arricchisse.


Nuova biografia[modifica wikitesto]

Mia donazione, dal mio sito [1]. Chiedo ai curatori del progetto letteratura di valutare la congruenza tra la mia proposta sulla biografia di P. e la proposta di Sbisolo sulla Poetica pascoliana, per vedere se possono comparire assieme. Grazie. Ermetis 09:21, Mar 8, 2005 (UTC)

Ermetis, ho letto attentamente la tua nuova biografia che vedo hai già inserito in Wikipedia e l'ho confrontata con quella del tuo sito (dove ho constatato che era infatti il tuo regalo), poi ho letto la parte di Sbisolo estrapolata da un articolo che ha una lunga storia. Non ti preoccupare per la parte di Sbisolo, perché in realtà non è sua e inoltre non è stata mai ripresa e pertanto figura solo come parte salvata in discussione. Per esperienza fatta su quell'articolo, ti consiglio di "dimenticare" la parte che è stata inserita in discussione da Sbisolo perché non ne verresti fuori e di lasciare la tua versione che, maggiormente wikificata, può stare benissimo. Non fare l'errore di integrare alla tua versione la versione che hai visto. Meglio come hai fatto tu, se poi ci regali anche il Myricae che ho visto sul tuo sito andiamo a gonfie vele!

In realtà la tua biografia è una BIOGRAFIA e POETICA integrata. Vedi tu come far risaltare meglio la Biografia e la Poetica. L'articolo che è nella pagina Discussione lo rivedremo e può anche essere che se ne possa salvare delle parti. Ma, dal momento che è stato fermo tanto tempo, ci può stare ancora! Buon lavoro. Ci fai sapere a lavoro ultimato, metti il WIP in alto e chiedi solo se hai bisogno di aiuto tecnico.--Paola 22:14, Mar 8, 2005 (UTC) Riporto questa discussione al Caffè letterario.

Decesso e inumazione[modifica wikitesto]

Dalla Enciclopedia italiana si ricavano le seguenti informazioni:

  • Muore il 6 aprile 1912 a Bologna
  • Si apre una disputa tra Bologna, San Mauro e Castelvecchio per le sue spoglie
  • Viene inumato provvisoriamente a Barga
  • Viene seppellito a Castelvecchio il 12 ottobre 1912

Che vi ha fatto Pascoli?[modifica wikitesto]

Scusatemi tutti, so bene che wikipedia non è un forum ecc. ecc. ma da un po' di tempo noto che la voce dedicata a Giovanni Pascoli è oggetto di ripetuti vandalismi (dall'inserimento di sciocchezze varie ad insulti gratuiti quanto insensati e ovviamente fuori luogo). Mi chiedo: ma che senso ha? chi ha interesse ad ingaggiare queste campagne denigratorie? Capirei (si fa per dire) analoghe stupidaggini rivolte contro autori viventi (magari saggisti molto orientati politicamente o religiosamente, polemisti, o comunque scrittori in qualche misura "contro corrente" ecc.), ma prendersela con i classici della letteratura italiana attraverso queste forme e metodi da ultras..... non lo comprendo proprio. Lo dico senza essere un fan di Pascoli, nel senso che personalmente gli preferisco altri Autori, pur senza disconoscerne il valore. Si potrebbe dire - girando in positivo la cosa - che si tratta di un Autore estremamente attuale, allora? Mi sfugge qualcosa? ho perso notizie riguardo l'esistenza di qualche filone "culturale" o di qualche "movimento" anti-pascoliano? --Microsoikos 12:11, 12 mag 2007 (CEST)[rispondi]

Mancano molte delle sue opere, anche importanti, ad esempio Sogno... Io tante cose non posso aggiungerle, perché mi mancano le fonti e quindi rovinerei tutto!!! E anche io sapevo che era morto a Bologna...

Gaia, detta "La Polpetta", 20.43, 25/1/09

Manca La Cavallina Storna (testo citato nella sezione sugli anni giovanili). Manca la sezione Poesia in Wiki? Non ho ben capito. Valedirago. 13/4/2011.

Non capisco io il senso di questa osservazione. Sono citate le raccolte poetiche e, nell'approfondimento, le relative sezioni. Citare i singoli testi mi pare vada al di là degli scopi di un'enciclopedia.--Pebbles (msg) 10:25, 13 apr 2011 (CEST)[rispondi]

Intendevo: c'è il link senza poesia. Adesso tutto ok. Valedirago.

Precisazione riguardo alle vittorie nei certami[modifica wikitesto]

Ho modificati il testo là dove diceva che le tredici vittorie al certame di Amsterdam fossero consecutive: è una credenza diffusa (al liceo l'hanno insegnato anche a me) ma priva di fondamento; la prima vittoria è del 1892, l'ultima del 1912, per esempio nel 1898 ha vinto Hartmann. Giovangotango (msg) 17:52, 9 apr 2009 (CEST)[rispondi]

Ho tolto delle atrocità La poesia di Pascoli è caratterizzata da una metrica formale con versi endecasillabi, sonetti e terzine coordinati con musicale semplicità. Nonostante la classicità della forma esterna - provata dal gusto per le letture scientifiche, alle quali si ricollegano il tema cosmico e la precisione del lessico botanico e zoologico - Pascoli ha saputo rinnovare la poesia nei suoi contenuti, toccando temi fino ad allora trascurati dai grandi poeti. Grazie alla sua poetica è stato capace di trasmettere il piacere delle cose più semplici, viste con la sensibilità infantile che ogni uomo porta dentro di sé. Non si può dire come prima cosa su Pascoli la scelta formale dell'endecasillabo - che è anche una stupidagine: frequenti i casi di novenari ecc... E in particolare la classicità non è certamente provata dal gusto scientifico (che è positivista - e non classicheggiante). Poi questa frase "Pascoli ha saputo rinnovare la poesia nei suoi contenuti, toccando temi fino ad allora trascurati dai grandi poeti" non significa proprio niente.

Pascoli, personalità di acuta e complessa sensibilità verso le sofferenze della vita e le ingiustizie della società, era incline ad un mite pessimismo esistenziale, in gran parte riconducibile alla sua difficile infanzia e ai lutti familiari che indelebilmente la segnarono. Egli seppe conservare sempre un senso profondo di umanità e di fratellanza, rafforzate dalla convinta e generosa adesione agli ideali del socialismo umanitario che, specie nelle terre di Romagna, trovavano intellettuali e capipopolo sempre più fervorosi. Indebolito la dogmatica certezza dell'ordine razionale del mondo in cui aveva creduto il positivismo, il poeta, di fronte al dolore e al male che dominano sulla Terra, recupera il valore etico della sofferenza che riscatta gli umili e gli infelici, capaci di perdonare i propri persecutori. Ingiustizie della società dove? La produzione sensibile alla modernità si avvia solo nel 1906 (spesso fra l'altro in termini osannatori, essendo egli celebratore dell'unità e poeta ufficiale) - ovviamente sono presenti richiami ad un'ingiustizia ma solo in maniera rarefatta e solo nell'ultimo periodo di vita. Sull'ultima parte manifesto le mie perplessità: bisogna specificare cosa si intende per socialismo umanitario (ovvero l'allontanamento di Pascoli dalle tendenze marxiste e rivoluzionarie). --Wider (msg) 23:39, 28 mar 2010 (CEST)[rispondi]

Pascoli in visita a Messina o da quelle perti dopo il terremoto?[modifica wikitesto]

Non mi risulta che Pascoli si sia recato in Sicilia o in Calabria dopo il terremoto del 28 dicembre 1908; solo, in una lettera scrive di averne avuta, prima che avvenisse il disastro, l'intenzione (vedere Maria Pascoli, Lungo la vita di Giovanni Pascoli, Milano Mondadori, 1961, p. 891): intanto cancello il relativo paragrafo; eventualmente, piuttosto, si potranno poi inserire notizie sulle reazioni del poeta alla sciagura.23:18, 31 gen 2011 (CET)

Date di pubblicazione inesatte[modifica wikitesto]

È vero che i Poemi italici, dopo la morte del Pascoli, furono pubblicati in volume insieme a Le Canzoni di re Enzio; ma già erano usciti in un volume autonomo nel 1911 (vedi Maria Pascoli, Lungo la vita di Giovanni Pascoli, p. 965); Odi e Inni, invece, è del 1906 (ibid., p. 819). Le date corrette, peraltro, sono già riportate più oltre nella pagina, nella cronologia della opere.08:44, 14 feb 2011 (CET)


Pascoli e Passanante[modifica wikitesto]

Maria Pascoli, sorella del poeta, nel suo noto libro "Lungo la vita di Giovanni Pascoli", chiarisce la questione della pretesa poesia su Passanante. Racconta Mariù che durante una riunione di socialisti, un gruppo vociante, gli passò un foglio, dicendogli di leggerlo. Il Pascoli lo lesse. Era la famigerata poesia. Pascoli strappò davanti a tutti il foglio ed espresse parole di condanna per simile scritto--151.16.123.126 (msg) 22:04, 19 ott 2011 (CEST)[rispondi]

--Leopardiana98 (msg) 12:35, 30 apr 2012 (CEST)leopardiana98,30/4/2012== Da che lingua viene "Myricae"? ==[rispondi]

Da che lingua viene "Myricae"?

Piccola svista circa la borsa di studio[modifica wikitesto]

Non risulta che la borsa di studio universitaria sia stata ottenuta dal Pascoli “grazie all'interessamento di un suo ex-professore” (c’è forse confusione con fatti inerenti al periodo liceale): gli studiosi (per esempio Calogero Colicchi, Giovanni Pascoli, 1982, p. 37; Mario Pazzaglia, Pascoli, 2002, p. 44; Alice Cencetti, Giovanni Pascoli. Una biografia critica, 2009, p. 142) si limitano, tutt’al più, a rievocare le modalità di assegnazione descritte dallo stesso Pascoli nella prosa Ricordi di un vecchio scolaro: concorso pubblico, esame scritto, esame orale. Pertanto levo la precisazione in questione --Giovangotango (msg) 23:43, 20 mag 2012 (CEST)[rispondi]

Moneta da due euro[modifica wikitesto]

La moneta commemorativa da 2 euro sarà in circolazione dal 10 ottobre 2012.

Un caso di autopromozione[modifica wikitesto]

Già a prima vista i riferimenti ai recentissimi studi di Rosita Boschetti mi avevano lasciato perplesso per il loro carattere promozionale; ma ora noto anche che detti riferimenti sono opera della stessa Rosita Boschetti: a maggior ragione credo dunque che occorra in qualche modo intervenire.

Sui contenuti degli interventi non saprei troppo esprimermi, senza aver letto le opere della Boschetti; mi sembra comunque un'interpretazione tendenziosa voler inferire dall'epistolario che il Pascoli si sentisse "in colpa per avere abbandonato le sorelle negli anni universitari": gli accenni in tal senso nelle lettere citate paiono semplice retorica, e una frase come "Sotto ogni parola di quella vostra lettera così tenera, io leggevo un rimprovero per me" non implica certo, come invece inferito dalla Boschetti, che il poeta fosse stato "ripreso dalle sorelle per averle abbandonate".--Giovangotango (msg) 15:19, 10 feb 2015 (CET)[rispondi]

L'autopromozione, purtroppo, infesta sempre più la nostra enciclopedia, e per quanto mi riguarda la soluzione è molto semplice: cancellare tutto e avvertire l'autore degli inserimenti. Oltretutto, nel link cui rimanda la nota 8 non trovo nemmeno citata la Boschetti, a meno che il suo nome non compaia nell'illeggibile locandina.--Fabio Matteo (msg) 15:43, 10 feb 2015 (CET)[rispondi]
Se ne potrebbe occupare qualcun altro? Non è pigrizia, è che non sono proprio portato per queste cose, oltre ad essere poco pratico. (Riguardo il volume menzionato nella nota 8, la Boschetti risulta effettivamente esserne la curatrice.) --Giovangotango (msg) 20:52, 12 feb 2015 (CET)[rispondi]
Buongiorno, colgo l'occasione per precisare che in qualità di studiosa della biografia pascoliana nonchè Curatrice del Museo Casa Pascoli, casa natele del Poeta, il rimando ad alcune delle mie pubblicazioni era necessario, proprio per giustificare e documentare alcune novità relative alla biografia del poeta. Non si tratta certo di autopromozione, anche perchè i volumi in questione sono stati pubblicati a cura del Comune di San Mauro Pascoli e non privatamente, quindi pubblicazioni scientifiche che sono entrate a far parte della bibliografia pascoliana negli ultimi anni. Gli accenni retorici di cui si parla, in realtà sono interpretazioni della sottoscritta, sulla base di studi sui carteggi pascoliani, alcuni dei quali ancora inediti perchè a San Mauro Pascoli conservati e quindi altamente plausibili nel contesto di riferimento da me ampiamente approfondito. Sarà mia cura in ogni caso inserire nella bibliografia le pubblicazioni degli ultimi anni curate dal Museo Casa Pascoli. Cordiali saluti. -- Rosita Boschetti 11:23, 23/11/2017
Mi prendo finalmente la briga di rispondere, anche se avrei preferito che se ne occupasse qualcuno più addentro di me ai meccanismi di Wikipedia e più presente su queste pagine.
Signora, mi pare che lei abbia una concezione assai ristretta del concetto di autopromozione: lei sta promuovendo le sue proprie tesi, a prescindere dai risvolti editoriali e finanziari dell’operazione. Il fatto che il suo profilo su Wikipedia sia stato impiegato esclusivamente a questo fine non depone a suo favore, stante il principio esposto qui; utenti più ferrati del sottoscritto potranno magari inquadrare meglio la questione.
Va anche detto che quando lei definisce i suoi libri “pubblicazioni scientifiche” dice qualcosa di perlomeno controverso (in un settore, quello della letteratura, dove il concetto è già di suo abbastanza problematico): se è valida questa definizione, non rientrano nella categoria né Giovanni Pascoli. Vita immagini ritratti (l’editore, stando a quanto affermato sul suo sito internet, “pubblica qualsiasi vostro testo”), né Omicidio Pascoli. Il complotto (la casa editrice ha in genere comitati scientifici a dirigere le collane, ma ciò non vale per l’opera in questione); sospenderei per ora, in mancanza di informazioni chiare, il giudizio sugli altri due volumi, ma può eventualmente valutare lei stessa.
Riguardo alla lettera del Pascoli alle ‘povere bambine’, mi pare che la logica non ammetta molte alternative: o la lettera delle sorelle era scopertamente accusatoria, e allora il Pascoli nel definirla “tenera” e tale da dissimulare i rimproveri fa dell’ironia fuori luogo; oppure non lo era, e allora il valore di involontario rimprovero che le attribuisce il Pascoli è un espediente retorico, anche ben riuscito. Vogliamo prendere per buono il discorso del Pascoli ed ammettere, con uno sforzo di fantasia, la possibilità che egli, nello scoprire le sorelle così “rassegnate” e “affettuose” e “ricordevoli”, per davvero si sentisse tanto in colpa? Bene (per modo di dire); ma allora occorrerà almeno trovare, a quel senso di colpa, cause diverse da presunti rimproveri contenuti nella suddetta lettera.--Giovangotango (msg) 00:33, 25 apr 2020 (CEST)[rispondi]
Se anche la direttrice del Museo di Casa Pascoli viene accusata di "autopromozione", e ne viene in messa in dubbio la credibilità scientifica (onde presumo che i curatori di questa pagina siano fra i massimi esperti mondiali del poeta), allora non mi stupisco che la stessa definizione abbia colpito anche il collegamento, da me invano proposto, ad una conferenza pascoliana tenuta, proprio a Casa Pascoli, da uno dei massimi poeti italiani viventi... Su che base, e in nome di quali titoli e competenze, i curatori decidono di accogliere o espungere un dato riferimento? --93.44.82.240 (msg) 03:11, 28 ago 2023 (CEST)[rispondi]


Giuseppe Pascoli sposato con una Pagliarani?[modifica wikitesto]

Non risulta che Giuseppe, fratello del Pascoli, avesse sposato una Pagliarani, parente del presunto assassino di Ruggero; ora correggo di conseguenza. L'affermazione erronea avrà una delle seguenti origini:

1) Si è dedotto che Giuseppe dovesse essersi imparentato coi Pagliarani dal fatto che il Pascoli in alcune sue lettere lo chiami appunto "il Pagliarani"; ma secondo gli studiosi (prima fra tutti forse Rossana Melis, Una lettera inedita di Giovanni Pascoli alla sorella Mariù, Giornale Storico della Letteratura Italiana, 1983, p. 119) si tratta solo di un soprannome dispregiativo.

2) Si è commesso un errore nel sintetizzare questa pagina di Maria Pascoli, Lungo la vita di Giovanni Pascoli, 1961, p. 363:

Ma ecco ricomparire il fratello Giuseppe. Ricordo la visita e quei giorni! Era venuto improvvisamente e, come altre volte, in miserevole stato; fu dopo poco tempo che ci aveva partecipato la morte della sua moglie. [...] Cosí Giuseppe ci rimase in casa per sei o sette giorni, e noi tre lo trattammo veramente da fratello, nonostante la gran pena che ci faceva il vederlo sempre cupo e il sentire da lui solo racconti rattristanti sulla sua povera vita con l’unica figlia. La figlia non era sua ma di primo letto della sua moglie; egli però le faceva portare il nostro cognome e sottoscriversi anche scrivendo a noi Adele Pascoli. [...] Sembrerà incredibile, ma tanto la morte della moglie quanto le cose riguardanti la figlia, non erano per niente vere. Era stata tutta una commedia per far compassione e spillare soccorsi. Restammo di sasso quando, dopo dei mesi, lo venimmo a sapere. Giuseppe tra l’altro ci aveva detto che a San Mauro correvano delle ciarle malevoli su Giovannino a motivo di aver ricusato, dopo averla fatta cercare, una donna di servizio senza darle alcun indennizzo. Nell’ottobre 1893, per necessità di famiglia si era licenziata la donna che da oltre sei anni ci faceva il mezzo servizio. Dopo infelici tentativi, scrivemmo a Pietro Guidi, l’amico di San Mauro, perché ci trovasse una donna; egli propose una Nina Pagliarani, cugina del Luigi (Bigecca), che si diceva avesse partecipato all’uccisione di nostro padre. Per questo si decise di non prenderla: ma siccome aveva lasciato il suo lavoro per venire da noi, pretese un indennizzo. Per mezzo della nostra vecchia Bibiana chiese venticinque lire; un intervento per lettera del fratello Giuseppe complicò un poco le cose; ma noi mandammo le venticinque lire. La Bibbiana ci scrisse il 24 febbraio che tutto era accomodato.

--Giovangotango (msg) 21:08, 21 apr 2015 (CEST)[rispondi]

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Template:Dante[modifica wikitesto]

Perchè in fondo alla voce è inserito il Template:Dante? Errore o altro?--Flazaza (msg) 21:02, 6 feb 2019 (CET)[rispondi]

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Bibliografia[modifica wikitesto]

La bibliografia è diventata un confuso contenitore di scritti di varia natura, pochi dei quali usati per compilare la voce. In mancanza di puntuali riferimenti ad essi nelle note, in ossequio a Aiuto:Bibliografia, tra sette giorni provvederò a togliere dalla lista i testi che non rispettino le citate linee guida. Eventuali reinserimenti dovranno prima essere discussi qui. Mi sembra che la sezione sia diventata una vetrina. Contrari? --Flazaza (msg) 11:26, 19 nov 2023 (CET)[rispondi]

A oggi sono o almeno sembrano utilizzati nella stesura della voce, seppur malamente, Contini 1958 e Ruggio 1998. Inoltre, Croce 1920 e M. Pascoli 1961 non possono non essere ritenuti "capisaldi". Tutto il resto, se si applica la discussa regola, dovrebbe sparire dalla sezione; il che mi pare eccessivo. --Frognall (msg) 08:06, 20 nov 2023 (CET)[rispondi]
[@ Frognall] Io inizierei la ripulitura, lasciando i testi che mi hai segnalato, oltre a quelli utilizzati per la stesura della voce. Tuttavia, come già fatto altre volte, sposterò in discussione (in apposito cassetto) i testi rimossi (purché non palese spam), nel caso in cui la "discussa regola" venga modificata.--Flazaza (msg) 10:10, 28 nov 2023 (CET)[rispondi]
[@ Flazaza], gli articoli di poche pagine, copia-incollati ad pompam chissà da dove, non accessibili online né tantomeno utilizzati per la stesura della voce, possono sparire senza neppure essere cassettati. --Frognall (msg) 11:51, 28 nov 2023 (CET)[rispondi]
✔ Fatto
Bibliografia eliminata
  • Giuseppe Saverio Gargano, Poeti viventi italiani: Giovanni Pascoli, in "Vita Nuova", n. s., Febbraio 1891, pp. 89-93
  • G.S. Gargano, Saggi di ermeneutica. Del Simbolo (sul "Vischio" di Giovanni Pascoli), in "Il Marzocco" 14 novembre 1897
  • G.S. Gargano, Poesia italiana contemporanea, in "Il Marzocco", 3 febbraio 1898
  • G.S. Gargano, I "Canti di Castelvecchio", in "Il Marzocco", 3 maggio 1903
  • G.S. Gargano, I "Canti di Castelvecchio", in "Il Marzocco", 17 maggio 1903
  • G.S. Gargano, I "Canti di Castelvecchio", in "Il Marzocco", 1903, 14 giugno 1903
  • AA.VV., Omaggio a Giovanni Pascoli nel centenario della nascita, Milano, Mondadori, 1955
  • Antonio Piromalli, La poesia di Giovanni Pascoli, Pisa, Nistri Lischi, 1957
  • Giuseppe Fatini, Il D'Annunzio e il Pascoli e altri amici, Pisa, Nistri Lischi, 1963
  • Luigi Baldacci, "Introduzione", in G. Pascoli, Poesie, Milano, Garzanti, 1974
  • Ottaviano Giannangeli, Pascoli e lo spazio, Bologna, Cappelli, 1975
  • Maura Del Serra, Giovanni Pascoli, Firenze, La Nuova Italia ("Strumenti", 60), 1976, pp. 128
  • Giacomo Debenedetti, Giovanni Pascoli: la rivoluzione inconsapevole, Milano, Garzanti, 1979
  • Gianni Oliva, I nobili spiriti. Pascoli, D'Annunzio e le riviste dell'estetismo fiorentino, Bergamo, Minerva Italica, 1979 (riedizione Marsilio, 2002)
  • Edoardo Sanguineti (a cura di), Giovanni Pascoli: poesia e poetica. Atti del Convegno di studi pascoliani, San Mauro, 1-2-3 aprile 1982, Comune di San Mauro Pascoli, Comitato per le onoranze a Giovanni Pascoli nel 70º anniversario della morte (1912-1982), Rimini, Maggioli, 1984
  • Arnaldo Di Benedetto, Frammenti su "Digitale purpurea" nei "Primi poemetti" di Giovanni Pascoli", in Poesia e critica del Novecento, Napoli, Liguori, 1994, pp. 5–24.
  • Marina Marcolini, Pascoli prosatore: indagini critiche su "Pensieri e discorsi", Modena, Mucchi, 2002
  • Marinella Mazzanti, I segreti del "nido". Le carte di Giovanni e Maria Pascoli a Castelvecchio, in Raffaella Castagnola (a cura di), Archivi letterari del '900, Firenze, Franco Cesati, 2000 pp. 99–104
  • Mario Martelli, Pascoli 1903-1904: tra rima e sciolto, Firenze, Società Editrice Fiorentina, 2010 ISBN 978-88-6032-098-8
  • Pietro Montorfani e Federica Alziati (a cura di), Giovanni Pascoli, Bologna, Massimiliano Boni Editore, 2012
  • Andrea Galgano, Di là delle siepi. Leopardi e Pascoli tra memoria e nido, Roma, Aracne editrice, 2014
  • Mirella D'Ascenzo, Pascoli Giovanni, in Giorgio Chiosso, Roberto Sani (a cura di), Dizionario Biografico dell'Educazione 1800-2000, Milano, Editrice Bibliografica, 2013, vol. II, pp. 292-293
--Flazaza (msg) 17:53, 28 nov 2023 (CET)[rispondi]