Discussione:Eccidio di Santa Giustina in Colle

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Segnalo che la pagina "Eccidio di Santa Giustina in Colle" è stata presa di mira dal sig. Mauro Vittorio Quattrina, regista, che sull'evento ha realizzato un documentario.

Il documentario diffonde la tesi che la responsabilità dell'Eccidio deve essere attribuita a Graziano Verzotto, all'epoca capo partigiano, per aver rotto un patto di non belligeranza con i nazifascisti.

La tesi è ritenuta diffamatoria e priva di fondamento dagli eredi di Graziano Verzotto, ed è oggetto di procedimenti giudiziari al momento in corso.

Ora, vi è un evidente intento da parte di Mauro Vittorio Quattrina di conformare la pagina Wikipedia alla propria tesi, violando le regole di uso del sito e le linee guida per la redazione delle pagine. Ciò si riscontra, in particolare, nell'edit del 27 luglio 2017.

La narrazione dell'evento è, infatti, sensazionalistica e romanzata; il testo contiene riferimenti volti a screditare la figura di Graziano Verzotto che nulla hanno a che fare con l'eccidio di Santa Giustina in Colle (Graziano Verzotto, personaggio altalenante tra fascismo e partigianeria, coinvolto nel dopoguerra in episodi legati alle vicende dell' EMS e all'assassinio del fondatore dell' ENI Enrico Mattei e del giornalista Mauro De Mauro, assassinati dalla mafia); addirittura è stata inserita un'apologetico riferimento alla circostanza che la tesi "non è del regista ma è suffragata dallo storico Egidio Ceccato"; le fonti, infine, rimandano direttamente ad una pagina web gestita da Mauro Vittorio Quattrina.

Ho deliberatamente evitato di dare il via ad una "edit war", e ho notato, con soddisfazione, che la pagina, mentre redigo il presente messaggio, è stata riportata allo stato antecedente l'edit del 27.07.2017 da un moderatore.

Segnalo, tuttavia, l'alta probabilità che la pagina sia di nuovo oggetto di interventi della medesima natura.

Per tale ragione, chiedo che sia presa in considerazione l'ipotesi di mettere la pagina sotto protezione. Allo stato, la stessa offre una ricostruzione imparziale e rispettosa della storiografia più accreditata, non mancando di fare riferimento anche alla tesi del regista Mauro Vittoria Quattrina. Sarebbe auspicabile che lo stato rimanesse tale. --Giorgio Verzotto (msg) 14:02, 6 set 2017 (CEST)Questo commento senza la firma utente è stato inserito da Giorgio Verzotto (discussioni · contributi) 10:54, 6 set 2017 (CEST).[rispondi]

[@ Giorgio Verzotto] Penso che [@ Vituzzu] l'abbia fra i suoi OS (o comunque tiene sotto controllo queste modifiche improprie) --Ruthven (msg) 13:30, 6 set 2017 (CEST)[rispondi]
DAL GAZZETTINO agosto 2021. Come sono andate a finire i processi, S.GIUSTINA IN COLLE
La Corte di appello di Venezia ha rigettato l'appello proposto dall'avvocato Luigi Verzotto e lo ha condannato alla rifondere le spese di lite in favore di Mauro Vittorio Quattrina perché il regista padovano non ha offeso la memoria di Graziano Verzotto, fratello di Luigi, noto partigiano e politico nato a S.Giustina in Colle il 31 maggio del 1923. La vicenda si trascina da anni. L'avvocato Luigi Verzotto aveva denunciato Quattrina in quanto aveva realizzato e diffuso un docufilm dal titolo La memoria di Giano dove, secondo l'accusa di Verzotto, il regista avrebbe diffuso informazioni false e diffamatorie sul fratello Graziano Verzotto, offendendone la memoria.
Quattrina ha sempre negato qualsiasi accusa e nei giorni scorsi è arrivata la sentenza della Corte di appello. «Sono contento per la fine di questa vicenda che si trascina da tanto tempo - afferma soddisfatto il regista - Prima Luigi Verzotto mi ha fatto una causa penale che ho vinto, poi c'è stato l'appello vinto pure quello. Ma il fratello di Graziano non si è fermato: si è rivolto ancora al tribunale di Padova per un'altra causa civile, vinta pure questa. Ed ora, per la quarta volta, anche l'appello che ha presentato a Venezia mi ha dato ragione. La Corte, come nelle altre volte, ha riaffermato che non ho offeso la memoria di Graziano Verzotto, né ho inventato niente ma che mi sono attenuto alla storia, ai documenti e alla logica. Umanamente mi dispiace per l'avvocato Verzotto - dice sinceramente Mario Vittorio Quattrina - che comprendo nel suo difendere la memoria del fratello. L'accusa primaria di Verzotto che io avrei additato come traditore suo fratello non sussite, non esiste e non l'ho mai nemmeno ventilata nel docufilm. Quello che non comprendo è questo accanimento nei miei confronti su cose che io non ho mai detto né scritto».
IL REGISTA
Quattrina assicura che ha mai attribuito a Graziano Verzotto la responsabilità della strage dell'eccidio di san Giustina, compiuta il 27 aprile 1945, che costò la vita a ventiquattro persone tra civili e partigiani del comune e dei paesi limitrofi, compresi due sacerdoti della parrocchia. «Io ero disposto e lo sono ancora ad un incontro pubblico dove potevamo entrambi portare le proprie ragioni - afferma Quattrina - ma non so perché la cosa non si è concretizzata. Sono comunque qui, ancora disponibile». La Corte di appello di Venezia ha condannato Luigi Verzotto alla rifusione delle spese di lite in favore di quattrina per un importo di 3 mila 318 euro, più il rimborso spese generali.
Luca Marin --151.95.104.7 (msg) 10:14, 25 ott 2021 (CEST)[rispondi]

Ci assciamo a quanto scritto sotto dal regista e cancelliamo. Distinti saluti.

Associaziome Culturale Storia Viva - no profit

Ulteriore serie di modifiche fuori dai canoni di uso del sito.[modifica wikitesto]

Ancora per segnalare che la pagina è stato bersaglio di modifiche redatte fuori dai canoni di uso del sito e strumentali a legittimare l'opera "la memoria di Giano" del regista Mauro Vittorio Quattrina.

In particolare, devono essere segnalate le seguenti imprecisioni: " Testi, questa, che trova fondamento specialmente nei documenti d'ell'archivio di Stato di Padova e negli studi del prof. Ceccato, e nella documentazione del libro "Il campanile brucia" di Giancarlo Beghin, ma anche nel libro di Guerrino Citton [5] dove le incongruenze sono tante e meritevoli di studio sinottico e non solo narrativo."

Si segnala, al riguardo, che la documentazione dell'archivio di Stato di Padova non offre alcun riscontro della tesi succitata, limitandosi - per quanto di interesse sulla figura di Graziano Verzotto - a contenere atti e documenti relativi ad un procedimento svoltosi avanti al Comitato di Liberazione Nazionale - Comando Militare Zona di Padova nei confronti dell'ex comandante Verzotto per l'accusa di tradimento nei confronti della Brigata Sparviero: mai in questi documenti Graziano Verzotto è messo in relazione all'Eccidio. Quanto al libro "il campanile brucia", la causale della strage indicata nello stesso è inequivocabilmente l'uccisione di due soldati tedeschi, e la responsabilità dei partigiani indicatavi (senza alcun riferimento a Graziano Verzotto o al patto di non belligeranza) è solo nel senso di aver causato la rappresaglia con tale uccisione. Vi si legge, infatti, alla pag. 297: "D'altra parte, anche il Comando partigiano ebbe la sua parte di responsabilità, per non aver evitato l'inutile spargimento di sangue tedesco e per aver reiterato, dopo e nonostante tale fatto, l'attacco ai convogli in ritirata. E' ormai largamente provato che l'uccisione dei due soldati tedeschi si sarebbe potuta evitare, perché essi erano disarmati e stavano fuggendo. I partigiani non correvano quindi alcun rischio e, in ogni caso, anziché ucciderli, avrebbero potuto trattenerli come prigionieri".

Ancora "Il documentario, che ha ottenuto molti plausi dagli storici e dal pubblico, ha avuto uno strascico legale in quanto il fratello del partigiano Graziano, l'avv. Luigi Verzotto, ha querelato il regista per aver diffamato la memoria del fratello. La diatriba si è risolta per due volte a favore del regista che risulta aver applicato correttamente il diritto di critica storica come sentenze del Tribunale di Padova." Quanto ai plausi di storici e pubblico, la circostanza dedotta è priva di fonte. Quanto allo strascico legale, la circostanza non sembra pertinente all'evento "Eccidio", è priva di fonte e comunque non sembra correttamente riportata (in effetti, una richiesta di archiviazione confermata a seguito di udienza non sembra poter contare come 2 separate istanze di pronuncia a favore della correttezza storica del documentario, e non risulta in ogni caso che sia stata pronunciata alcuna sentenza sul punto, bensì solo provvedimenti a seguito di sommarie indagini).

Ancora: "Il documentario ha risvegliato l'interesse delle produzioni cinematografiche tanto che al regista è stata avanzata l'idea di realizzare un film per il cinema". La circostanza è priva di riscontro e non pertinente.

Ho proceduto, quindi, alla correzione sulla base di quanto sopra rilevato. Si ribadisce, tuttavia, l'opportunità che la pagina sia protetta da tali modifiche redatte fuori dai canoni di uso del sito, sia nell'ottica di evitare una "edit war", sia perché la pagina presenta comunque diversi riferimenti di carattere non neutrale, oltre che alcuni strafalcioni.

Infine, visto il tenore del messaggio a firma "Associazione Culturale Storia Viva. Grazia Pacella", invito chi abbia interesse ad una discussione diretta con me a contattarmi per qualsiasi chiarimento: il sito offre tale possibilità, che pare sicuramente preferibile allo scambio di allusioni maliziose sulla presente pagina di discussione. --Giorgio Verzotto (msg) 16:48, 18 set 2017 (CEST)[rispondi]

Chiusura della filmografia. All'amministratore della pagina.[modifica wikitesto]

Visti gli sviluppi che io interpreto censori che sono fuori dallo spirito liberale, liberatario e liberista che ho sempre palesato, e che sto vivendo sulla pagina della strage di Santa Giustina/eccidio, cancello la voce filmografia. In ogni caso invito l'amministratore ad informarsi bene su quanto avvenuto a Santa Giustina in Colle e sulle ipotesi della strage.

Distinti saluti

Mauro Vittorio Quattrina

Le prove dei due soldati tedeschi uccisi?[modifica wikitesto]

Scusate, ma dove sono le prove che la rappresaglia avvene per l'uccisione dei due soldati tedeschi uccisi? Nei libri non esiste nessuna indicazione ma solo si riporta questo fatto. L'indicazione è presunta relativamente al numero dei morti probabilmente, ma a guardare bene, nemmeno questa coincide. Potete postare dove sta la prova, la testimonianza o qualsiasi altra cosa, che la rappresaglia è conseguente alla morte dei due tedeschi? Grazie. Roszi.

Errori a ripetizione.[modifica wikitesto]

Segnalo che la pagina è stata nuovamente modificata fuori dal rispetto delle linee guida di Wikipedia, che invito l'autore a leggere. https://it.wikipedia.org/wiki/Wikipedia:Raccomandazioni_e_linee_guida Si riscontrano, peraltro, innumerevoli errori grammaticali. Segnalo di aver rimosso la frase che definisce Egidio Ceccato "il principale storico della strage", in quanto, da un lato, priva di fonte, dall'altro, non pare di poter assegnare ad un singolo storico un ruolo preferenziale o di maggiore credibilità relativo ad un evento. Per quanto riguarda le "prove" che la rappresaglia avvenne per l'uccisione di due soldati tedeschi, che chiede l'utente sopra di me, non credo che qualcuno abbia mai estorto ai soldati che compirono la strage la "confessione" di essere giunti in paese per vendicare due commilitoni uccisi. La "prova" nel senso richiesto dall'utente, probabilmente, non esiste e non esisterà mai. Procedendo su un filone di dubbi a qualsiasi costo, tuttavia, si può sostenere letteralmente tutto ed il contrario di tutto. La storia, invece, si basa su testimonianze, riscontri e buonsenso: non è certo arbitrario, quindi, che gli storici - e, in verità, tutto il paese - da 70 anni ritengano che l'eccidio avvenne per vendicare due soldati tedeschi uccisi poche ore prima. L'eventuale opinione difforme di un singolo autore non cambia questa realtà, confermata da anni di pubblicazioni e documentazione. --Giorgio Verzotto (msg) 16:55, 13 ott 2017 (CEST)[rispondi]

Correzione: quanto alla relazione tra le vittime e i due tedeschi uccisi.[modifica wikitesto]

Preciso che, stimolato dal dubbio sollevato dall'utente "Roszi", ho approfondito l'aspetto delle ragioni della rappresaglia come punizione per la morte di due soldati tedeschi, che, asseritamente, non avrebbe mai avuto alcun riscontro.

Non è così. Il libro "Il processo ad Ada Giannini", di Enzo Ramazzina, dedica ampio spazio all'eccidio, non mancando di approfondire aspetti come l'ora della strage, il numero esatto delle vittime, e naturalmente, anche le cause dell'eccidio. Il volume, pubblicato nel 2003, si basa non solo sui documenti, ma anche e soprattutto sui resoconti dei testimoni della strage. In particolare a pag. 51: "Concludiamo il capitolo ricordando al lettore che, per ricostruire fedelmente gli avvenimenti di quei giorni, ci siamo avvalsi delle dichiarazioni e delle interviste rilasciate, in varie circostanze, dai testimoni oculari Guerriero Beghin, Bruno Bordin, Luigi Bragadin, Gabriele Fiscon, Giancarlo Fiscon, Pietro Fiscon, Feliciano Franco, Paolina Giacomelli, Franco Gottardello, Andrea Lago, Guilio LIbrallon, Gino Marcato, Emilio Martellozzo, Gino Pierobon, Giuseppe Ruffato, Silvio Sartore, Colombo Tollardo e Gino Verzotto. Abbiamo, ovviamente, letto le relazioni firmate da Graziano Verzotto sull'attività militare svolta dai partigiani locali, il resoconto di Gino Marcato scritto per la biblioteca comunale, la cronistoria parrocchiale di Fratte stesa da don Vittorio Fabri, gli atti di morte e le relazioni redatte dal vicario foraneo di S. Giorgio delle Pertiche, don Giuseppe Faccioli, e dal delegato vescovile don Armando Bison, nonché il diario storico della terza brigata "Damiano Chiesa" ed il verbale del processo alla Giannini. Non potevamo non tener conto, inoltre, di tutta la bibliografia esistente sull'argomento, rappresentata dalle opere di Antonio Alessi, Olivo Casarin, Egidio Ceccato, Giorgio Erminio Fantinelli, Pierantonio Gios, Cirillo Menzato, Giuseppe Ruffato ed altri". Riporto il passo di cui sopra perché mi sembra testimoni in modo efficace la serietà del lavoro svolto da Enzo Ramazzina e, soprattutto, il fatto che la pubblicazione sia stata supportata da rigorosa opera di ricerca e non di copiatura, in particolare dal ricorso a fonti di "prima mano". Ebbene, il libro chiarisce in due occasioni che i tedeschi dichiarano che avrebbero ucciso 10 persone per ogni tedesco ucciso. La prima, a pag. 40: "All'improvviso, dalla piazza, avanzò la Giannini: era furibonda, fuori di sé dalla collera. Don Lagio, quando le fu vicino, la pregò di calmarsi e rivolse un'invocazione allo Spirito Santo, affinché la illuminasse, ma la forsennata cominciò ad inveire contro di lui e a vomitare parolacce ed imprecazioni: "Porci" Vili! Tutti dovete morire!". Ma un graduato, nel tentativo di ammansirla, intervenne: "Non tutti: solo dieci per ogni nostro commilitone ucciso...". Ancora, a pag. 53: "Il Bragadin [Bragadin Luigi, testimone oculare, sul punto vedi anche Egidio Ceccato, Resistenza e normalizzazione nell'Alta padovana, pag. 251] sostiene che furono fucilati al muro venti uomini ("[...] udimmo bene che dovevamo morire dieci di noi per ogni tedesco ucciso: dunque i soldati uccisi furono due, quindi venti di noi dovevano morire"; "Poi la scelta continuò fino alla ventesima vittima, compresi, però, il parroco e gli altri che già stavano al muro; "Erano in diciotto, più il parroco e il cappellano ecc.)". Tanto chiarito da persone che hanno assistito agli eventi, non pare potersi mettere in dubbio ulteriormente la circostanza, mancando riscontri altrettanto seri che possano portare a diverse conclusioni.

Quanto, poi, al fatto che Graziano Verzotto, in un documento di denuncia nei confronti di Ada Giannini, scriva "la Giannini ed altri tre tedeschi rimasero prigionieri, ma dopo tre ore ci piombò addosso una preponderante formazione di SS tedesche (circa un centinaio) armatissime, le quali, saputo da alcuni che ci erano in precedenza sfuggiti del nostro colpo, erano scese per riavere i compagni e per compiere una paurosa rappresaglia ammonitrice", non pare di potersi ravvedere uno "sconfessamento" della tesi della rappresaglia come punizione per la morte di due soldati tedeschi. Dico questo, rilevando che il documento era un atto di denuncia nei confronti della Giannini, talché il suo scopo era mettere in evidenza il ruolo della Giannini come collaborazionista delle S.S., piuttosto che chiarire quale fosse il movente della strage. Sottolineo, altresì, che il documento in nessuna parte esclude la rappresaglia come causata dalla morte di due tedeschi, potendosi, al più, sostenere che l'operazione in cui la Giannini ed alcune SS furono catturate vale come concausa dell'arrivo delle forze naziste in paese.

Infine, quanto al rilievo che la strage conti 24 vittime contro le 20 che sarebbero giustificate dalla proporzione "10 italiani per ogni tedesco", concordo che l'aspetto è poco chiaro, soprattutto perché non c'è unanimità di vedute circa il luogo in cui morirono tutte le persone commemorate nel monumento in Santa Giustina in Colle (si vedano le ricostruzioni contrastanti tra "Il campanile brucia" di Giancarlo Galileo Beghin e "Resistenza e normalizzazione nell'Alta padovana"; ancora, "Il processo ad Ada Giannini" si pone sul punto molte domande senza dare risposte). Alcuni punti, tuttavia, sono chiari. Innanzitutto, non è perfettamente corretto considerare, tra le vittime dell'eccidio, i morti Attilio Casarin e Giovanni Comacchio: gli stessi, infatti, furono uccisi dai tedeschi in località Villa del Conte, a distanza di ore dall'eccidio vero e proprio. Dei 24 morti, quindi, rimangono 22. Secondo il libro di Beghin, che cita il testimone oculare Luigi Gottardello (pagg. 173-174 del libro "Il campanile Brucia", anche Vincenzo Casale fu ucciso dopo che l'eccidio si era "concluso" e quando i tedeschi stavano già lasciando il paese. Questo porterebbe i morti a 21. Se si considera, quindi, che Fausto Rosso, come ampiamente riportato, morì in mattinata durante lo scontro a fuoco tra SS e partigiani, colpito al ventre, si ricava che l'esecuzione portò alla morte di 20 persone. Un'altra possibile spiegazione si ricava sempre dal libro di Beghin: egli dice che due vittime, Egidio Basso e Alfonso Geron, furono uccise non davanti alla chiesa, ma durante il rastrellamento in quanto datesi alla fuga (pag. 135), e riferisce, infatti, che, avanti alla chiesa, furono uccise 18 persone (in tal senso anche la relazione ufficiale della III Brigata Damiano Chiesa: vds il volume "S. Giustina in Colle: Luglio '43 - Dicembre '45 attraverso i documenti dell'archivio comunale" a cura di Giampietro Beghin ed Enzo Ramazzina, pag. 105). Beghin spiega la circostanza riferendo (tuttavia senza fonte) che i tedeschi selezionarono solo 19 vittime dal gruppo dei catturati, in quanto "contarono" anche Fausto Rosso (come evidenziato, morto negli scontri) e che un'altra vittima già selezionata, Aquino Lago, viene salvato dall'intervento di un tedesco e liberato, senza che si prenda un altro ostaggio in sua sostituzione. In tal senso parrebbe che i tedeschi non abbiano considerato le morti di Egidio Basso e Alfonso Geron nell'esecuzione, ma contino la morte di Fausto Rosso, forse perché comprovato partigiano. Questo porterebbe il numero delle vittime, come valutato dai tedeschi a 19, anziché 20. Una possibile spiegazione per la lieve discrepanza potrebbe, allora, forse ricercarsi nella errata convinzione dei tedeschi di aver ucciso anche il partigiano Giulio Libralon che si nascondeva nel campanile della chiesa. Il campanile, come è noto, fu dato alle fiamme, e i tedeschi erano convinti di aver così ucciso il partigiano (sempre Beghin, pag. 157). Infine, un'ulteriore spiegazione per le 22 vittime può ricercarsi nel fatto che, forse, i tedeschi non considerarono i due sacerdoti come parte della rappresaglia, bensì li uccisero per vendetta personale, stante i comprovati cattivi rapporti tra don Giuseppe Lago, in particolare, e i soldati stanziati in paese.

In ogni caso, mi pare che il punto sia sufficientemente chiaro, e provvederò nei prossimi giorni ad editare al pagina in tal senso. In caso vi siano ulteriori dubbi, sono lieto di continuare la discussione. --Giorgio Verzotto (msg) 18:32, 15 ott 2017 (CEST)[rispondi]

Leggere quel che si vuole, ma un libro già nel 1965 accusa Graziano Verzotto come responsabile della strage.[modifica wikitesto]

Mi pare che il sig. Lugi Verzotto scriva e prenda quel che gli pare comodo dire e dedurre ad uso e consumo e che non accetti nessuna voce contraria, e che si barrichi dietro sue considerazioni personali e "parentali". Ma lo posso umanamente capire. Su ciò basterebbe leggere l'intervista sia a Ceccato su youtube sia quella su Canale 5 di Pansa, riguardo alla verità storica. E ho trovato in biblioteca il libro il Campanile brucia dell'avv. Beghin dove si afferma che i tedeschi cercavano Graziano Verzotto (logico poi, era il comandante partigiano, si cerca la testa, non la coda e lo scrive lui stesso che era ricercato) e che se si fosse presentato ai tedeschi si sarebbero risparmiate vite umane. Resta il dubbio, leggendo, che nessuno sapesse dei tedeschi uccisi il giorno prima. In ogni caso già nel 1965, e ne sono rimasta colpita, il libro "La Resistenza dei cattolici nel padovano" di Fantelli scrive nel 1965: "IL VERZOTTO SARA' PIU' TARDI CAUSA DELL'ECCIDIO DI SANTA GIUSTINA IN COLLE e SANTA ANNA MOROSINA per un colpo di testa inutile, quanto spavaldo altrettanto in consulto. Purtroppo per questo era il sistema anche dei comunisti che agivano senza prevedere le conseguenze della loro azione, cioè le rappresaglie che ne seguivano". E via dicendo. Sembra che lei scriva per convincere se stesso. Resta il fatto che nel documento dove lei afferma che Graziano Verzotto dichiara che quella mattina uccisero due S.S., non si può minimizzarlo... ma fa piacere che lei onestamente ammetta e non escluda che la rappresaglia fu eseguita come vendetta per le due SS uccise quella mattina nel combattimento dei partigiani comandati da Graziano Verzotto. A cui, leggendo molti articoli, invece differenti dalla sua opinione, la popolazione ebbe da allora addebitare la colpa al Graziano Verzotto. Roszi.

Quale passo?[modifica wikitesto]

Sa citarmi il passo del libro di Beghin in cui si sostiene che se Verzotto si fosse consegnato ai tedeschi le vite sarebbero state risparmiate? Non lo trovo proprio. Forse Lei ha un'altra edizione. E' vero che Beghin, in due punti del libro - pag. 149 e pag. 165 (a proposito, la mia edizione è del 2005, la sua?) - dice che i tedeschi chiedono informazioni su dove si trova Graziano Verzotto. Merita di essere sottolineato, però, che (1) egli non dice quale sia la sua fonte al riguardo (cosa strana, visto che il libro, dove può, riporta precise testimonianze), e di certo Beghin non può averne conoscenza personale e diretta, perché durante l'eccidio era in casa con la famiglia a molta distanza dal luogo in cui vengono radunati i rastrellati (così nella sua ricostruzione dei fatti); (2) egli è l'unico che abbia mai riportato tale circostanza. Sono pronto ad essere smentito al riguardo, se Lei sa indicare altri riscontri, ma non ho mai letto o sentito alcun altro riferire che i tedeschi cercassero Verzotto, e mi sembra più che strano che nessun altro abbia mai riportato ciò, visto che i testimoni oculari c'erano, ed erano parecchi. Vero è, tuttavia, che i tedeschi cercavano qualcuno, quel giorno. Ma non si trattava di Graziano Verzotto, bensì di Amedeo Marcato, condannato a morte dalle SS e scampato all'esecuzione proprio la mattina di quel 27 aprile. I tedeschi esibivano la sua carta di identità e chiedevano informazioni sul suo conto. La circostanza è riferita da Gino Marcato, testimone oculare e parente del "ricercato", e ben circostanziata, talché mi sembra molto più credibile di quanto riferisce il Beghin senza indicare la fonte (si veda sul punto il volume già citato "il processo ad Ada Giannini", pagg. 39-40, di cui le raccomando la lettura: sono certo che anche questo si trovi in biblioteca).

Quanto al "dubbio, leggendo, che nessuno sapesse dei tedeschi uccisi il giorno prima", trovo che sia proprio il libro di Beghin a fugare tale dubbio in modo categorico, non solo per il filo della narrazione, che mette in inscindibile connessione quelle due morti che l'autore espressamente indica come inutili e scellerate e l'Eccidio, ma anche per due chiare ragioni. La prima, è che secondo Beghin i tedeschi di Camposampiero sapevano perfettamente dell'attacco a Villa Custoza del 26, non solo perché mandano rinforzi, ma anche perché i partigiani commettono l'errore di non tagliare i cavi telefonici (pag. 114 della mia edizione). I due soldati uccisi, secondo Beghin, sono proprio due del distaccamento di Villa Custoza i quali, mentre gli altri si danno alla fuga, si erano recati a prelevare la posta al loro Comando e vengono sorpresi da tre partigiani (in realtà, secondo altre fonti, un militare fu ucciso durante l'assalto alla Villa e l'altro era un portaordini: così riferisce il testimone oculare Bragadin sempre in "Il processo ad Ada Giannini", pag. 29, ma vi sono altri riscontri). Chiaro, quindi, che, non vedendoli tornare, il resto del gruppo abbia capito che erano stati sorpresi e uccisi. La seconda circostanza di rilievo è il fatto, riferito da Beghin in qualità di testimone oculare, che i tedeschi nel 1964 vengono a prendersi proprio le due salme di quei due soldati uccisi il 26 e portati nel cimitero di Santa Giustina (pagg. 117-118): talché non si può proprio mettere in dubbio che sapessero della loro esistenza.

Quanto, poi, alla uccisione di due soldati la mattina del 27 come ragione dell'Eccidio, già molti (se non tutti) tra gli storici l'hanno esclusa, in quanto, contrariamente a quanto dichiarato nella relazione, nessun soldato tedesco fu ucciso quella mattina (se fossero morti tra i miliari vi sarebbero dei riscontri: invece, della circostanza non vi è traccia da alcuna parte). Sono certo che Lei avrà colto, leggendo i vari testi sull'argomento, le relazioni partigiane non sono ritenute fonti particolarmente affidabili dagli storici, e a buona ragione, visto che erano redatte da giovani con molto entusiasmo, ma non certo rigorosi nel riportare i fatti.

Quanto, infine, al passo di Fantinelli da Lei citato ("Il Verzotto sarà più tardi causa dell'Eccidio di Santa Giustina in Colle e Santa Anna Morosina per un colpo di testa inutile, quanto spavaldo altrettanto inconsulto. Purtroppo per questo era il sistema anche dei comunisti che agivano senza prevedere le conseguenze della loro azione, cioè le rappresaglie che ne seguivano"), non dispongo, al momento, del volume, che non mancherò di cercare nei prossimi giorni. Vorrei chiederLe, tuttavia, se può chiarire nel frattempo a quale "colpo di testa", ossia a quale azione, in particolare, fa riferimento l'autore. In ogni caso, l'accusa, che Lei trova significativa, mi pare in realtà comprensibile. Furono molti, e fin da subito, quelli che accusarono i partigiani di aver condannato i civili italiani a tante rappresaglie che si potevano evitare. Si tratta di considerazioni, ripeto, comprensibili, ma fallate, a mio avviso, da una prospettiva fin troppo distaccata dagli eventi (il proverbiale "senno di poi": secondo tale ragionamento, tutto il movimento partigiano sarebbe da condannare). E sono, in ogni caso, molteplici e autorevoli anche le voci di plauso per la resistenza italiana, che ha facilitato non poco l'avanzata delle forze alleate in Italia e la completa liberazione del paese. Per quanto di interesse nei confronti dell'Eccidio di Santa Giustina in Colle, in ogni caso, ritengo giusto segnalare che molte fonti indicano l'assalto a Villa Custoza come un'iniziativa dei partigiani garibaldini di Villa del Conte, cui parteciparono alcuni soldati della brigata Damiano Chiesa (in particolare Fausto Rosso, che ne era il vicecomandante) ma non Graziano Verzotto, il quale era all'oscuro degli eventi (si veda ad esempio Egidio Ceccato alle pagg. 244-246 del libro "Resistenza e normalizzazione dell'Alta padovana"; il fatto che, successivamente, il Ceccato abbia sposato un'altra tesi quanto alla causa della strage, non invalida, ritengo, l'opera di ricostruzione già compiuta circa questo particolare aspetto degli eventi, peraltro suffragata da testimonianze dirette). Infine, mi permetto di osservare che il libro di Fantinelli pare muoversi da una prospettiva davvero poco serena, se accusa Graziano Verzotto di aver causato addirittura la strage di Santa Anna Morosina, con cui egli non aveva certo nulla a che fare (nel territorio operava la I brigata "Damiano Chiesa", sotto la responsabilità di un diverso comandante partigiano, talché l'accusa è veramente priva di qualsiasi base).

Resto a disposizione per qualsiasi ulteriore confronto. --Giorgio Verzotto (msg) 20:22, 16 ott 2017 (CEST)[rispondi]

troppe spiegazioni di un testo sono sintomo di debolezza del testo stesso.[modifica wikitesto]

Mi pare che lei faccia una confusione notevole mescolando dati ad uso e consumo delle sue affermazioni. Allora, per curiosità, sono andata a leggermi la diatriba fra il regista e l'avvocato Verzotto, fratello del partigiano Graziano Verzotto. Tralascio le valutazioni morali sulla figura di Graziano Verzotto nel dopo guerra che mi sconcertano. Mi sono letta i documenti riguardanti le dichiarazioni di Graziano Verzotto relativamente alla Ada Giannini, per esempio. Le versioni che Graziano Verzotto fornisce sono sconcertanti, due innocenti poi mandate in galera e pubblicamente messe sul rogo. Inutile girarci intorno. La prima persona a fare confusione è proprio il Graziano Verzotto che fornisce versioni sempre differenti ad uso e consumo delle sue teorie o della convenienza politica. Se tutta la storia raccontata dal Graziano Verzotto, (basta leggere la documentazione sul "c'ero e non c'ero" quel giorno è c'è da rimanere allibiti), l'ha raccontata come ha raccontato la storia della Ada Giannini... posso presumere che falle nei racconti ci sono, eccome. Per quanto riguarda il libro di Beghin, lei lo interpreta in un modo, io lo leggo in un altro. "Il comandante tedesco insiste per avere informazioni sul nascondiglio di Graziano Verzotto" " ..chiede di indicargli i partigiani presenti per non coinvolgere nella rappresaglia cittadini innocenti" ; se lei legge in questo che il partigiano Graziano Verzotto non centra nulla è chiara la sua visione, per me, occlusa della situazione, ma Beghin scrive: "A questo questi errori strategici si aggiunse un più grave errore psicologico e cioè la fuga e l'abbandono dei civili alla rabbia tedesca, indice di incapacità di accettare le conseguenze delle propria azione. L'assunzione delle proprie responsabilità sarebbe stato non solo un atto di eroismo, ma anche di bontà, perchè avrebbe risparmiato sangue inncocente". E se permette, sono i partigiani comandati da Verzotto che sono fuggiti. Paura? Vigliaccheria? Ragazzini che giocano alla guerra? Non sono fuggiti quelli comandati da chissà chi. E che fosse Graziano Verzotto quella mattina ad esserne il comandante, non lo dice chissà chi, ma proprio il Graziano Verzotto, riporto a memoria dal sito di Quattrina: ".. alla testa dei miei uomini.." Poi lei scrive: "Quanto, poi, alla uccisione di due soldati la mattina del 27 come ragione dell'Eccidio, già molti (se non tutti) tra gli storici l'hanno esclusa, in quanto, contrariamente a quanto dichiarato nella relazione, nessun soldato tedesco fu ucciso quella mattina (se fossero morti tra i miliari vi sarebbero dei riscontri: invece, della circostanza non vi è traccia da alcuna parte). Sono certo che Lei avrà colto, leggendo i vari testi sull'argomento, le relazioni partigiane non sono ritenute fonti particolarmente affidabili dagli storici, e a buona ragione, visto che erano redatte da giovani con molto entusiasmo, ma non certo rigorosi nel riportare i fatti." Ma anche no, stiamo cherzando, vero? Faccio notare che la storia delle due SS uccise l'ha scritta Graziano Verzotto ed ho visto su internet documenti firmati di suo pugno a conferma di questo, anche a distanza di mesi dall'eccidio, non si può parlare di errore o altro! Allora di cosa dobbiamo parlare, lo dica lei. E' lei che le porta ad esempio per ribadire le sue teorie. Vuol dire, e lei lo ammette, che le relazioni fatte dal comandante Graziano Verzotto sono quindi false presumibilmente false. E' lei, quindi, quando può tornare utile alle sue teorie dice che le cose sono vere, false quando non le fa comodo. Si evince questo. Ed è veramente strano che lei stia appoggiando, così, quanto nel sito del regista viene espresso. Ma cerco il DVD per capire meglio. Poi è strano come lei quando fa comodo i testimoni dicono la verità assoluta, anche se ho letto mille contraddizioni, ma le relazioni dei partigiani fanno acqua... veramente strano. E sì che testimoni stando a Beghin, sono anche dei ragazzini...

A questo punto, visto che lo afferma perfino lei, è chiaro quanto questa situazione sia stata sfalsata dalle dichiarazioni proprio di Graziano Verzotto. Ho letto un documento di una deposizione del partigiano Verzotto dove dice in pratica che la storia della strage è venuta a saperla dal dott. Ceccato, mi pare un documento del 1999. Ora che Ceccato cambi versione, a dimostrazione che la storia non è ferma come un monolite, basta ascoltare l'ultima intervista di Pansa, adesso allora Ceccato per lei non è più credibile? E fa anche pensare che Graziano Verzotto per difendersi dalle accuse di tradimento, si faccia difendere da ex fascisti, che abbia dormito in caserma da loro ecc... Scusi eh... ma qualche dubbio verrebbe a chiunque. Ascoltando la sua intervista, di Ceccato, su youtube e il sito del regista, con amplia documentazione che devo tuttavia leggere tutta, mi pare che siano molte le cose che non quadrano. Compresi molti testimoni che lei cita... che parlano per sentito dire. Interessante poi quanto ritrovato su internet da parte del prof Ceccato: "Al pari di quella scientifica, anche la ricerca storiografica procede per “tentativi ed errori” e, a differenza della teologia, la verità di volta in volta conseguita vienesempre considerata parziale e provvisoria, in quanto maila historia (da intendersi come “storiografia”) riesce a recuperaree ad illustrare gli accadimenti del passato (res gestae o “storia” in senso stretto) nella loro interezza e complessità. Personalmente non ho difficoltà ad ammettere che, fuorviato dalle relazioni insurrezionali partigiane, dalla testimonianza di suo fratello e dalla memoria popolare – nelle pubblicazioni iniziali ho prestato fede all’interpretazione proposta da Graziano, che mi presentava l’accordo del dicembre 1944 con i fascisti di Padova e Camposampiero e i tedeschi della S. D. di Piazzola sul Brenta come un compromesso di tipo umanitario, finalizzato a salvare le vitedei patrioti arrestati, e l’eccidio del 27 aprile come una cieca rappresaglia nazista per l’uccisione in combattimento di due militari germanici. Successivi approfondimenti, la scoperta di particolarissime dinamiche politiche interne alla Resistenza veneta, come quelle ricostruite nel volume Patrioti contro partigiani(edito nel 2004) e il successivo ritrovamento (fine 2008) dei documenti conservati all’Archivio di Stato di Padova (busta n. 626 del Gabinetto Prefettura)– mai precedentemente utilizzati dagli studiosi - mi hanno indotto ad aggiornare le ricostruzioni e a rimodulare le interpretazioni dei fatti, nonché ad individuare nella violazione degli accordi intercorsi fra Graziano Verzotto e i nazifascisti nel dicembre 1944 una delle più razionali spiegazioni della particolare durezza assunta dalla rappresaglia del 27 aprile 1945, la cui responsabilità va comunque sempre addebitata ai nazifascisti, come ribadito in mille salse nel corso dei decenni. E così, non c'è una verità assoluta, con un santo da una parte e peccatori dall'altra. Ogni persona può leggere le cose come vuole. Mi pare che basti e avanzi. Rotzi.

Trovo, innanzitutto, inopportuno che si venga a parlare di "troppe spiegazioni". O un discorso viene approfondito, o l'unica alternativa è fermarsi appena appare la verità più comoda. Io sto approfondendo, cito passi e fonti che Lei può agevolmente confrontare, mentre mi pare di poter dire che è Lei a ritenere una fonte "buona" o "meno buona" a seconda che scarichi la colpa su Graziano Verzotto o meno. Mi piacerebbe sapere, altresì, quali sono i testimoni che io cito e che parlano per "sentito dire".

Per quanto riguarda, in particolare, il libro di Beghin, mi pare di essere stato molto chiaro e rigoroso nel distinguere le circostanze che egli riferisce per conoscenza diretta o citando la fonte - più credibili - da quelle che riporta senza fonte - meno credibili, senza alcuna ipocrisia al riguardo. Le circostanze, poi, vanno confrontate con i riscontri offerti da altre parti. Per questo, dico, Beghin non è credibile quando dice che i tedeschi chiedono di Verzotto (circostanza mai riferita in alcuna occasione da nessun altro, storico o testimone che sia), ma è credibile quanto dichiara che i morti davanti alla chiesa furono 18 (circostanza confortata da relazioni) e che Vincenzo Casale viene ucciso dopo la strage (circostanza riferita da un testimone precisamente individuato di cui riporta la deposizione). Che poi i tedeschi, nella rappresaglia, colpiscano per primi i partigiani catturati, queste sono semplicemente le "regole" della rappresaglia, che non voglio sospettare Lei ignori. Quanto al fatto che Beghin scriva (copio la sua citazione) "A questo questi errori strategici si aggiunse un più grave errore psicologico e cioè la fuga e l'abbandono dei civili alla rabbia tedesca, indice di incapacità di accettare le conseguenze delle propria azione. L'assunzione delle proprie responsabilità sarebbe stato non solo un atto di eroismo, ma anche di bontà, perchè avrebbe risparmiato sangue inncocente", si tratta di una sua interpretazione dei fatti, che peraltro il Beghin mette in relazione al comportamento tanto dei partigiani "bianchi", quanto di quelli "garibaldini" (si veda poche righe prima, pagg. 297 e 298). E' Lei, quindi, e solo Lei, a leggere nel volume di Beghin una accusa forte e diretta verso Graziano Verzotto come unico responsabile della strage ("Non va dimenticata la raccomandazione di Radio Londra, in data 21 aprile 1945, di "Non fare azioni premature e di propria iniziativa", inascoltata, come sembra ormai certo, per motivi di rivalità e competizione tra i partigiani della VI brigata "Sparviero" e quelli della III brigata "Damiano Chiesa", che si contendevano il merito della priorità nella liberazione del paese").

Io sono perfettamente d'accordo con Lei che la storia non è un monolite, e che solo perché una versione dei fatti esiste da più tempo non vuol dire che sia necessariamente quella corretta. Tuttavia, se si vuole offrire una ricostruzione alternativa, questa deve essere basata su seri elementi, tali da mettere in crisi quella precedente. Le rigiro la sua citazione del Ceccato: "Successivi approfondimenti, la scoperta di particolarissime dinamiche politiche interne alla Resistenza veneta, come quelle ricostruite nel volume Patrioti contro partigiani(edito nel 2004) e il successivo ritrovamento (fine 2008) dei documenti conservati all’Archivio di Stato di Padova (busta n. 626 del Gabinetto Prefettura)– mai precedentemente utilizzati dagli studiosi - mi hanno indotto ad aggiornare le ricostruzioni e a rimodulare le interpretazioni dei fatti...". Ora, il punto è cruciale perché a sostegno di una tesi nuova si invocano documenti nuovi. E' comprensibile: scopro qualcosa che prima non si conosceva e che cambia le carte in tavola. Vale però anche il contrario: se nulla di nuovo è emerso, non ci sono elementi sufficienti per mettere in crisi una tesi che da decenni è riconosciuta e riscontrata come valida. Ora, il punto fondamentale è che questi documenti nuovi non esistono. Ceccato parla di "ritrovamento" dei documenti di cui all'Archivio di Stato di Padova nel 2008. Il "ritrovamento", se vogliamo così chiamarlo, è solo da parte del Ceccato, perché i documenti sono lì sin dal dopoguerra e ci sono sempre stati. Peraltro, risulta dal volume "Resistenza e normalizzazione nell'Alta Padovana" (del '99) che il Ceccato l'Archivio di Stato di Padova lo conosca bene e l'abbia frequentato, visto che compare diverse volte tra le fonti. Il vero motivo per cui lo storico cambi idea, quindi, resta oggetto di speculazione. Fermo è, invece, che gli storici conoscono da sempre l'esistenza di tali documenti, come sanno, perfettamente, che fu stretto un patto di non belligeranza nel dicembre 1944 (circostanza, invece, che nel docufilm di Mauro Vittorio Quattrina, per citare una persona cui anche Lei si riferisce, viene presentata come "nuova"). Ci sono plurimi riscontri nei libri, anche pubblicati decenni fa, cosa che Lei certo non ignora. Quanto al fatto che tali documenti non siano mai stati "utilizzati dagli studiosi", è un'affermazione che lascia il tempo che trova.

Infine, mi soffermo sulla questione della denuncia ad Ada Giannini e delle relazioni della Brigata Damiano Chiesa. Ribadisco, in primo luogo, che Graziano Verzotto ha sempre negato di essere stato in piazza a Santa Giustina il giorno dell'Eccidio. Le relazioni della Terza Brigata Damiano Chiesa sono firmate dal Verzotto in quanto Comandante, ma in esse non si afferma che Verzotto era in paese. L'uso del noi, peraltro, è semplicemente lo stile redazionale con cui venivano stilate, e vale a indicare "noi partigiani", non io, Graziano Verzotto, che firmo il documento, e gli altri (le relazioni, peraltro, pare fossero in realtà redatte non da Verzotto, ma dal "vice" Giuseppe Ruffato: così ne "Il processo ad Ada Giannini", pag. 52). Tali relazioni, secondo la mia opinione (confortata, peraltro, dal fatto che gli storici non le tengono in particolare conto), sono documenti preziosi, ma non per forza più affidabili di altre fonti, anche orali, purché dirette e circostanziate. Quanto al particolare aspetto della morte di due soldati, dichiarata nella relazione, mi sembra significativo quanto scrive Ceccato sul punto a pag. 250 di "Resistenza e normalizzazione...", per cui rimando alla lettura, ribadendo che tali uccisioni sono totalmente prive di riscontro. Ora, tornando all'aspetto della presenza o meno di Graziano Verzotto in piazza a Santa Giustina il giorno dell'eccidio, non ho difficoltà ad ammettere che questo resta un argomento di discussione, essendovi testimoni che ne negano tale circostanza, altri che dichiarano di averlo visto. Nella denuncia verso Ada Giannini, in particolare, Graziano Verzotto innegabilmente dichiara di essere stato presente in paese ed a capo dei suoi partigiani la mattina del 27 aprile. Ritengo, però, che la circostanza non valga come prova definitiva della sua presenza in paese, per le seguenti ragioni. Se osserviamo i successivi atti del processo (documenti che Beghin riproduce nel proprio libro: fonte affidabile), emerge che Graziano Verzotto non aveva idea di quale aspetto avesse Ada Giannini. Infatti, prima la denuncia viene spostata dalla Giannini alla Bocini (in quanto si riteneva che il documento di identità preso alla Giannini fosse falso), poi il Verzotto, durante le indagini, dichiara di riconoscere la persona di cui ai fatti nella Bocini, là dove la perizia fotografica dichiarerà che le due donne si somigliano ben poco. Infine, quando la Giannini viene arrestata e si svolge il dibattimento vero e proprio (per quanto riguarda la Superchi, la stessa fu arrestata dalla polizia a Firenze, e i due testi sentiti, Agostino Sonza e Sivio Gottardello subito dichiararono che non era la donna giusta: il Verzotto, quindi, c'entra ben poco), Verzotto riconoscerà che non è in grado di identificare la donna. Mi pare che, dallo svolgimento dei fatti, emerga in modo chiaro che Verzotto la donna, di persona, non la vide. Tanto evidenziato, ritengo che, nella denuncia, Graziano Verzotto abbia messo sé stesso nel luogo della cattura della donna al fine di dare più forza alla denuncia, che si riteneva opportuno - presumibilmente - fosse firmata dal Comandante dei partigiani. Trattasi, certo, di una ingenuità, ma non per forza maliziosa, in quanto si trattava, sostanzialmente, di dichiarare in proprio quello che persone fidate gli avevano riferito riguardo alla Giannini. Se non per questo, non vedo che vantaggio avrebbe avuto Graziano Verzotto a porre sé stesso in piazza la mattina del 27 aprile, avendo altrimenti sempre negato la circostanza. Si tratta, naturalmente, di una mia personale interpretazione dei fatti, in quanto tale anche non condivisibile.

Resto a disposizione per qualsiasi ulteriore confronto. --Giorgio Verzotto (msg) 16:27, 17 ott 2017 (CEST)[rispondi]

Lei dice: "Nella denuncia verso Ada Giannini, in particolare, Graziano Verzotto innegabilmente dichiara di essere stato presente in paese ed a capo dei suoi partigiani la mattina del 27 aprile. Ritengo, però, che la circostanza non valga come prova definitiva della sua presenza in paese...".

ah beh allora... Inutile parlare. A riprova che lei vede la storia che vuole vedere. Cordiali saluti. Rotzi.

In breve replica.[modifica wikitesto]

Visto il tenore conciso della sua ultima, mi limito a sottolineare che in molteplici pubblicazioni l'aspetto della presenza o meno di Graziano Verzotto in paese la mattina dell'Eccidio è una questione lasciata aperta. Si tratta, naturalmente, di pubblicazioni in cui si fa riferimento alla succitata denuncia nei confronti di Ada Giannini.

Ribadisco la disponibilità ad ogni ulteriore confronto.--Giorgio Verzotto (msg) 21:10, 17 ott 2017 (CEST)[rispondi]

Modifica della pagina.[modifica wikitesto]

Come avevo anticipato in precedenza, ho proceduto con la sistemazione della sezione "Fatti" in accordo con le fonti. Ho avuto cura, altresì, di indicare le diverse tesi sugli eventi e le responsabilità per la strage, attribuendole, dove possibile, ai rispettivi autori.

Resto a disposizione per qualsiasi ulteriore confronto. --Giorgio Verzotto (msg) 13:00, 31 ott 2017 (CET)[rispondi]

Questa pagina è tutto meno che imparziale.[modifica wikitesto]

E' chiaro che qualcuno gestisce questa pagina ad uso e consumo di una storia ufficiale oramai sconfessata, per quanto ne dica Giorgio Verzotto con molta supponenza come se lui avesse in mano l'unica verità. Tagliare i commenti di Ceccato e gli studi e i video di Ceccato, così come non riportare altri studi e siti sulla storia della strage che si trovano su Internet, e ben documentati, è una censura vergognosa. D'altra parte basta leggere gli articoli del Mattino di Padova sulla vicenda per capire e comprendere da che pulpito viene la predica. La minaccia di querele a tutti e dovunque se non "incanalizzati" in un'unica storia che si vuol sentire... fa rabbrividire. Quanto poi Giorgio Verzotto scrive sopra che ha avuto cura di mettere le varie tesi... viene da sorridere, si quelle che fanno comodo ovvio. Diciamo che ha cancellato le varie tesi. D'altra parte questa pagina è tutto meno che storica e tesa a minimizzare la figura e le responsabilità di Graziano Verzotto, senza entrare nel merito delle vicende del dopoguerra. Mi è bastato leggere non solo il nuovo libro di Ceccato, ma vari atti anche della Commissione Antimafia per capire molte cose. E anche il film "la macchinazione". Immagino siano stati denunciati tuttì a sto punto. Artel Gral

Mi scuso, anticipatamente, con i moderatori per voler dare una replica ad un commento che esula dall'argomento della pagina e si riduce, di fatto, ad una critica personale. Purtroppo, l'autore non mi da la possibilità di replicare in forma privata.

Gentile "Artel Gral", francamente non mi sembra di essere meno imparziale di Lei, visto che l'unica cosa che sembra interessarLe è gettare fango su Graziano Verzotto, immagino per puro disinteresse. Nella pagina, la tesi di Ceccato è presentata in modo sintetico ma corretto, e la stessa è e resta una tesi minoritaria, che non è assolutamente idonea a "sconfessare" la storia ufficiale. Se ritiene, possiamo certamente soffermarci sui diversi buchi di tale tesi. Non si preoccupi, non intendo basarmi sull'unica verità che avrei "in mano" solo io, ma su documenti, testimonianze e ragionamenti anche basilari. In ogni caso, quello che fa "sorridere" è che tutta questa attenzione per l'eccidio provenga da tanti utenti anonimi, ma tutti localizzati a Verona: non serve molta fantasia per capire chi sia l'autore (o comunque l'ispiratore) di questi interventi, tutti sulla stessa riga, con lo stesso stile redazionale. Se ha altro da dirmi, la invito a iscriversi regolarmente e contattarmi in forma privata.--Giorgio Verzotto (msg) 14:55, 4 dic 2017 (CET)[rispondi]

sospettucoli piccoli piccoli[modifica wikitesto]

Sospettucci piccoli piccoli su un indirizzo IP proveniente da postazioni usate da più soggetti anche associativi. A riprova... E se non serve molta fantasia, serve molta malafede. Questo commento senza la firma utente è stato inserito da 151.62.185.69 (discussioni · contributi) 19:14, 6 dic 2017 (CET).[rispondi]

Modifica voce e nuovi collegamenti esterni[modifica wikitesto]

Gentili utenti,

ho aggiornato la voce Eccidio di Santa Giustina in Colle alla luce della documentazione coeva, di ricerche storiche condotte nell'arco di 25 anni, e dell'intera pubblicistica esistente in materia. Ho fatto anche riferimento ad alcuni saggi ospitati in un blog in attesa della loro pubblicazione su stampa.

--EgidioCeccato (msg) 20:43, 16 nov 2020 (CET)[rispondi]

[@ EgidioCeccato] Ciao e grazie per i tuoi contributi. Dovresti però rimuovere le informazioni provenienti dal blog, in quanto non attendibili. Quando un editore provvederà alla pubblicazione, potremo citare questa fornte. Prima no.
Correggi tu per piacere perché io, non conoscendo le informazioni in questione, rimuoverei tutte le ultime modifiche indiscriminatamente. --Ruthven (msg) 21:40, 16 nov 2020 (CET)[rispondi]

[@ Ruthven]. Ho provveduto a rimuovere dal corpo della voce i riferimenti al blog. I saggi inediti sono ora ospitati nel blog dell'ANPI https://anpipadova.wordpress.com/la-resistenza-a-padova/, che inserisco tra i collegamenti esterni per chi volesse approfondire l'argomento, sperando di non infrangere il regolamento [[1]]. --EgidioCeccato (msg) 18:51, 19 nov 2020 (CET)[rispondi]