Discussione:Carlo Melotti
salvo qui questa parte della voce originaria, che sto attualmente ristrutturando, al fine di un futuro utilizzo:
In un suo scritto trovato dopo la sua morte, si legge: “All'Esercito ho dato il fiore ed il meglio della mia vita: allorché dovrò deporre le insegne potrò dire di aver indossato l'uniforme fedele al mio giuramento, con dignità, con onore, con nobiltà di propositi, con serena alterezza. Sento di aver servito il mio paese fedelmente e coscienziosamente”.
Presidente dell’Associazione nazionale dei Granatieri di Sardegna (sostituendo il generale Ugo Bignami) dal 18 dicembre 1945 al 20 dicembre 1958, volle - quello che allora sembrava un assurdo ed in mezzo alle vergogne, alla tristezza delle distruzioni di tutti i valori morali della Patria - ricostruire l'Associazione Nazionale Granatieri, perché attorno alle lacere Bandiere ritornassero i fedelissimi, i Granatieri in congedo di tutta Italia.
E attorno a lui l’Associazione si ricostituì. Il suo successo acquista oggi maggior valore se si considera che egli fu sempre in prima linea nella difesa dei valori dell'Esercito, dei suoi rappresentanti e delle associazioni d'arma. Vinse molte resistenze e non mancò di coraggio nell'affrontare i nemici politici senza peli sulla lingua e col coraggio che fu sempre una delle migliori qualità di combattente, di comandante.
L'adunata nazionale in Roma nei giorni 5-7 novembre 1955 fu la dimostrazione di quanto avesse saputo operare in profondità. A Roma convennero da tutta Italia 10 mila Granatieri in congedo e fu affermazione di disciplinata, imponente, alta italianità.
Carlo Melotti fu propugnatore e sostenitore instancabile dell'erezione in Roma del monumento ai caduti dell'Esercito per la difesa eroica della capitale fatta dai Granatieri nel settembre 1943.
La difesa di Roma era commemorata negli anni precedenti, solo o quasi come una gloria dei partiti politici di sinistra. Melotti volle che fosse ristabilita la verità, che fosse consacrato il sacrificio dell'Esercito che in quelle tristi giornate compì atti di coraggio e di eroismo disperato.
Domenica 29 maggio 1955, durante la cerimonia di inaugurazione di Porta Capena, pronunziò una magnifica orazione che destò la commozione e l'ammirazione dei presenti: “Chi furono questi Eroi - egli disse - conosciamoli da vicino. Essi furono i Granatieri di Sardegna sul cui tratto di fronte durante tre giorni d'impari lotta nessuna infiltrazione ha potuto verificarsi, respingendo tutte le puntate nemiche, finché alle ore 16 del 10 settembre dalla passeggiata Archeologica e dal Circo Massimo, facendo perno sull'obelisco di Axum, il nemico aggirava il percosso schieramento di Porta S. Paolo”.
“Dei 417 caduti nella difesa di Roma, ben 251 furono i Granatieri, tra i quali 11 ufficiali oltre ai 176 feriti”. E quando Roma, fin dalle prime ore del pomeriggio di quel 10 settembre, era stata già invasa dal nemico, sull'Altare della Patria e sul Campidoglio, asserragliati a difesa, vi rimase ancora e fino alle 23 di sera, un pugno di Granatieri che impedì l'ascesa trionfale al nemico ed impedì ai tedeschi d'innalzare la croce uncinata sul sacro colle “.
Due erano state soprattutto le opere che Carlo Melotti, nella sua instancabile attività di Presidente Nazionale dell'Associazione aveva volute: la prima, e ne vide la realizzazione, era quella di lasciare un ricordo imperituro della gloria dei Granatieri al Cengio. Sulla più alta cima del Cengio, a ridosso del Salto del Granatiere, vi è ora un'ara votiva ed una grande Croce in traliccio metallico visibile da lontanissimo nella pianura.
La seconda che voleva grandiosa: l’adunata a Torino il 18 aprile 1959 per il trecentesimo anniversario della fondazione. Voleva salutare l'inizio del 4° secolo e affidarlo alle generazioni future dei Granatieri col vaticinio di poter conservare la fede che i Granatieri hanno avuto sempre in ogni occasione, degni continuatori delle Guardie di Carlo Emanuele II.
Purtroppo all’improvviso morì a Roma il 20 dicembre 1958, a 76 anni. Ultima apparizione pubblica Melotti la ebbe a Villa Vittorio Veneto a Ponzano Monferrato (Al) il 14 settembre precedente, in occasione dela commemorazione del 15º anniversario della tragica morte del maresciallo d'Italia Ugo Cavallero.
In un suo scritto sì legge: “Non lascerò ai miei figli che un solo patrimonio: quello dello spirito; ed essi di questo si sentiranno paghi e fieri al pari di me, perché sanno che la vera ricchezza dell'uomo non è nel suo avere, ma nel suo essere”.
Riportata da--Stefanferr (msg) 16:03, 21 giu 2019 (CEST)