Chiesa di Nostra Signora de Sos Regnos Altos

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Chiesa di Nostra Signora de sos Regnos Altos
L'esterno della chiesa di Nostra Signora de sos Regnos Altos.
StatoBandiera dell'Italia Italia
RegioneSardegna
LocalitàBosa
Indirizzo08013 Bosa OR
Coordinate40°17′49.72″N 8°30′15.79″E / 40.297144°N 8.504386°E40.297144; 8.504386
Religionecattolica di rito romano
TitolareNostra Signora de sos Regnos Altos
Diocesi Alghero-Bosa

La chiesa di Nostra Signora de Sos Regnos Altos è un luogo di culto di Bosa. Il piccolo tempio, compreso entro le mura del castello di Serravalle, presenta al suo interno un interessante ciclo di affreschi trecenteschi da attribuire, secondo alcuni studiosi, ad artisti di scuola italiana (forse toscana[1], toscano-umbra, campana o lombarda) o – secondo altri – di scuola iberica[2].

Intitolazione[modifica | modifica wikitesto]

Nel 1847, fra le rovine del castello, un adolescente ritrovò un simulacro ligneo raffigurante la vergine nell'atto di allattare Gesù bambino (Virgo lactans)[3]. Il rinvenimento, considerato miracoloso, portò a dedicare la chiesa del castello alla Madonna, a cui fu attribuito il titolo di Nostra Signora de Sos Regnos Altos, con riferimento alla posizione sopraelevata del luogo di culto, posizione dalla quale la Vergine avrebbe vegliato dall'alto sulla città.

In precedenza, sono note le più risalenti intitolazioni del tempio alla Beata Vergine Maria (capella sub invocatione Beate Marie, secondo una carta reale del 1459)[4][5][6] e – fino all’Ottocento – a Sant'Andrea, del quale permane esposta una statua lignea all'interno della chiesa.

Si è inoltre ipotizzato che, in origine, la chiesa fosse dedicata a San Giovanni[7], sulla base di un documento, del 1445-1446, nel quale si cita una «capella de Sent Johan del castell de Serraval de la ciutat de Bosa»[8][9]. Diversi autori hanno però riletto la fonte in questione giungendo alla conclusione che la chiesa a cui si fa riferimento sia quella situata alle pendici del colle (e del castello) di Serravalle, tuttora intitolata a San Giovanni. Infatti, anch'essa, nel XV secolo, era una cappella di pertinenza del castellano[10][11].

Storia e descrizione[modifica | modifica wikitesto]

La cappella palatina fu edificata sul colle di Serravalle in una posizione non organicamente inserita nella cinta muraria trecentesca, ciò che consente di ipotizzare la sua preesistenza rispetto all'attuale fortificazione o la sua costruzione sopra un antecedente luogo di culto pagano (nuragico[12][13] o punico[14]) oppure bizantino[15]. Le forme odierne del tempio sono il risultato di plurime fasi costruttive. Un primo corpo, situabile intorno al XII o al XIII secolo, misura 8,40 metri per 5,70 e fu realizzato con conci di trachite[16].

In una seconda fase, intorno al 1340, furono murati le finestre monofore e il portale di accesso in asse con la facciata ad ovest, ricavando così lo spazio necessario per la realizzazione del ciclo di affreschi tra il 1338 e il 1340-45, su commissione di Giovanni d’Arborea. Il portale di accesso fu spostato in posizione laterale, garantendo un più comodo accesso dalla piazza d'armi[16].

Successivamente (XV secolo), si decorò il timpano della facciata con tre sfere litoidi e si aprì una finestra nel prospetto occidentale, danneggiando così gli affreschi, probabilmente già scomparsi sotto uno strato di calce. Quest'ultima fu probabilmente stesa sulle pareti, con funzione antimicrobica, in occasione di un’epidemia di peste, come quella che aveva ucciso il giudice d’Arborea Mariano IV e il fratello Giovanni, signore di Bosa e del Monteacuto (1376).

Nel Quattrocento, furono altresì collocate due catene lignee, ingentilite da mensole di legno.

Nel XVI secolo, furono eseguiti sulle pareti diversi graffiti che hanno danneggiato il sottostante ciclo pittorico. Si tratta di alcuni modelli di rosoni e della rappresentazione di una battaglia, su un ponte navale, fra tre uomini con abiti dalla foggia iberica cinquecentesca[16].

Dopo il rinvenimento, tra le rovine del castello, di una statua della Madonna, tra le rovine del castello, nel 1882 fu inviata una supplica al governo sabaudo affinché si provvedesse all’ampliamento e alla riparazione della chiesetta, che fu dedicata alla Vergine, con il titolo di Nostra Signora di Regnos Altos (“degli Alti Regni”, in italiano). Demolite l’abside e la volta, il tempio fu prolungato e coperto da una nuova volta a botte, lunettata e poggiante su archi traversi. A servizio della chiesa fu anche edificata, sul versante meridionale, una piccola sacrestia[16].

In seguito ai rimaneggiamenti subiti nel tempo (particolarmente nell'area del presbiterio), il tempio attuale è costituito da un unico ambiente, a pianta rettangolare, con copertura lignea a capriate e abside semicircolare.

Il ciclo degli affreschi[modifica | modifica wikitesto]

Affresco raffigurante i santi.

Durante un restauro della chiesa, nel 1972[17], vennero alla luce alcuni affreschi sulle pareti laterali e della controfacciata, originariamente facenti parte di un ciclo realizzato tra il 1317[18] e il 1370[19] e danneggiati in varie occasioni, in seguito alle modifiche strutturali subite dalla cappella (in particolare, alla demolizione e riedificazione dell'abside nel XIX secolo)[2].

Gli autori degli affreschi, come anzidetto, sono ignoti ma, secondo alcuni studiosi, sarebbe possibile ricondurli alla scuola italiana (forse toscana[1], toscano-umbra, campana o lombarda) o – secondo altri – a quella iberica[2].

Lungo la parete sinistra, procedendo dall'abside verso la porta d'ingresso, si possono osservare, nella parte superiore, le rappresentazioni dell'Adorazione dei magi e dell'Ultima Cena, nella quale sono sequenzialmente rappresentati Gesù, Giovanni, Giuda, Pietro, Andrea, Filippo, Giacomo maggiore, Taddeo, Tommaso, Bartolomeo, Matteo, Simone e Giacomo minore. Seguono le rappresentazioni di dottori della Chiesa e degli evangelisti[7].
Nella parte inferiore sono rappresentate santa Lucia e Maria Maddalena, alle quali si aggiungono una serie di santi: santa Marta, san Giacomo maggiore, sant'Eulalia, sant'Agata, sant'Agnese, santa Barbara, santa Vittoria, santa Reparata, santa Margherita, santa Cecilia, santa Savina e sant'Ursula[7].

Nella parte alta della controfacciata sono rappresentati san Martino ed il povero e san Giorgio che uccide il drago. Nella parte bassa sono visibili santa Scolastica, san Costantino imperatore, sant'Elena, l'arcangelo Gabriele e la Vergine annunziata. Accanto alla porta d'ingresso è rappresentato san Cristoforo[7].

Nella parte alta della parete destra sono raffigurati una serie di santi ignoti mentre nella parte bassa sono rappresentati il martirio di San Lorenzo e l’unica raffigurazione sarda dell’Incontro dei tre morti e dei tre vivi[17].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b Nicoletta Usai, L’Ultima cena nei dipinti della chiesa di Nostra Signora de Sos Regnos Altos a Bosa: cibo e utensili in un dipinto del XIV secolo in Sardegna, in Rossana Martorelli e Marco Muresu (a cura di), L’alimentazione nel Mediterraneo dalla Tarda antichità al Medioevo. Dalla Sardegna alla Spagna, Perugia, Morlacchi editore, 2017, p. 203, ISBN 978-88-6074-940-6. URL consultato il 24 luglio 2023.
  2. ^ a b c Bosa, Chiesa di Nostra Signora de sos Regnos Altos, su sardegnacultura.it. URL consultato il 2 luglio 2009 (archiviato dall'url originale il 22 ottobre 2016).
  3. ^ Marco Antonio Scanu, L'istituzione della Regia cappellania del castello e altre notizie su Bosa nel XV secolo, in Theologica & Historica, vol. 29, 2020, pp. 255-259. URL consultato l'11 marzo 2023.
  4. ^ ACA, Real Cancillería, 3396, 9r-10r
  5. ^ Sara Chirra, Giovanni II d’Aragona e la partecipazione del Regno di Sardegna e Corsica nella guerra civile catalana. Tesi di dottorato in Antropologia, Storia medioevale, Filologia e Letterature del Mediterraneo occidentale in relazione alla Sardegna, Università degli Studi di Sassari, XX ciclo, Sassari, 2006, pp. 115-116.
  6. ^ Vittorio Angius, voce “Logudoro”, in Goffredo Casalis (a cura di), Dizionario geografico storico statistico-commerciale degli Stati di S.M. il Re di Sardegna, vol. 9, Torino, 1841, p. 611.
  7. ^ a b c d Attilio Mastino, p. 30.
  8. ^ Archivio Storico di Cagliari, AAR, Procurazione Reale, BC5, 222v-223r
  9. ^ Pietro Martini, Storia ecclesiastica di Sardegna,, vol. 3, Cagliari, 1841, p. 441.
  10. ^ Antonio Francesco Spada, Probabili chiese del primo millennio a Bosa, in AA.VV., Bosa e il suo territorio dall'età antica al mondo contemporaneo, a cura di Antonello Mattone e Maria Bastiana Cocco, Sassari, Carlo Delfino editore, pp. 282-283.
  11. ^ Marco Antonio Scanu, L'istituzione della Regia cappellania del castello e altre notizie su Bosa nel XV secolo, in Theologica & Historica, vol. 29, 2020, pp. 253-254. URL consultato l'11 marzo 2023.
  12. ^ Fernanda Poli, La chiesa del Castello di Bosa: gli affreschi di Nostra Signora de sos Regnos Altos, Edes, 1999, p. 22.
  13. ^ Cfr., in merito alla probabile presenza di strutture nuragiche sul colle di Serravalle, Alberto Moravetti, Preistoria e protostoria nel territorio di Bosa, in AA.VV., Bosa. La città e il suo territorio dall'età antica al mondo contemporaneo, a cura di Antonello Mattone e Maria Bastiana Cocco, Carlo Delfino editore, Sassari, 2016, p. 23.
  14. ^ Piero Bartoloni, Bosa all'alba del primo millennio a.C., in AA.VV., Bosa. La città e il suo territorio dall'età antica al mondo contemporaneo, a cura di Antonello Mattone e Maria Bastiana Cocco, Sassari, Carlo Delfino editore, 2016, p. 48, ISBN 978-88-7138-913-4, OCLC 990141618. URL consultato il 12 marzo 2023.
    «Un'ultima constatazione che non può che avvalorare la presenza di un fondaco orientale nell'area dell'attuale Bosa è costituito dalla constatazione della presenza di due luoghi di culto che tradizionalmente legano la città al mondo vicino-orientale. In sostanza si tratta della chiesa di Santa Maria di sos Regnos Altos, che sorge sulla sommità della collina occupata dal castello dei Malaspina e che doveva costituire l'antica acropoli, ospitante a sua volta un tempio dedicato alla dea Ashtart. Il secondo luogo di culto, ubicato sulla riva sinistra del Temo, in prossimità della foce, dove attualmente sorge la chiesa di Santa Maria del Mare, che un tempo era però dedicata a San Paolo, il Santo navigatore, le cui chiese sono spesso sovrapposte ai luoghi di culto dedicati al dio Melqart, divinità poliade di Tiro.»
  15. ^ Antonio Francesco Spada, Probabili chiese del primo millennio a Bosa, in AA.VV., Bosa. La città e il suo territorio dall'età antica al mondo contemporaneo, a cura di Antonello Mattone e Maria Bastiana Cocco, Sassari, Carlo Delfino editore, 2016, pp. 281-283, ISBN 978-88-7138-913-4, OCLC 990141618. URL consultato il 12 marzo 2023.
  16. ^ a b c d Fernanda Poli, Bosa medievale, Il castello e la chiesa palatina, Sassari, Dhuoda Edizioni, 2014, ISBN 978-88-98984-00-8.
  17. ^ a b Nostra Signora di Regnos Altos, su bosa.it. URL consultato il 2 luglio 2009 (archiviato dall'url originale il 13 agosto 2009).
  18. ^ Renata Serra, Pittura e scultura dall’età romanica alla fine del ’500, Nuoro, Ilisso, 1990, pp. 56-57.
  19. ^ Attilio Mastino, p. 33.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

Voci correlate[modifica | modifica wikitesto]

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