Carolina Pepoli

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Carolina Pepoli, nota anche come Carolina Pepoli Tattini (Bologna, 21 agosto 1824Bologna, 23 agosto 1892), è stata una nobile, attivista e politica italiana, considerata una delle figure di riferimento a Bologna per il supporto alla causa liberale prima e dopo l'Unità d'Italia[1].

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Carolina Pepoli nasce a Bologna il 21 agosto 1824, figlia del marchese Taddeo Pepoli e della principessa Letizia Murat[2], nota salottiera che riceve in via Castiglione per fare conversazione o organizza cene, feste e concerti, in cui Carolina "apprende a stare in società" e a volte si esibisce, essendo dotata musicalmente.[3][4]

Nel 1845 sposa il conte Angelo Tattini (1823-1878), da cui ha tre figli: Laetizia Guida (1846-1924) sposa Francesco Isolani-Lupari, Giovanni Gioacchino (1846-1877) e Napoleone (1849-1870), e si trasferisce nel palazzo di via Santo Stefano[5][6][7], che diviene ben presto un luogo di ritrovo dell'élite liberale cittadina.

In primavera e autunno, invece, i Tattini ricevono gli ospiti nella villa fuori Porta Castiglione, detta Villa Tattini o Villa Letizia, alla Quaderna[8].

Donna di grande cultura, spesso in viaggio e aperta al nuovo come la nonna Carolina Bonaparte[1][9], segue attentamente la politica e gli avvenimenti internazionali. Si interessa fin da giovane della situazione politica locale e nazionale[10], contribuendo attivamente al dibattito sulla causa italiana; non è favorevole al mazzinianesimo né ai moti rivoluzionari, e in un primo tempo si entusiasma per la salita al soglio pontificio e alle promesse liberali di Pio IX.[1]

Nel bassorilievo La cacciata degli Austriaci sulla scalinata del Pincio, dedicato alla battaglia dell'8 agosto 1848, Tullo Golfarelli evidenzia il ruolo delle donne

La giovane contessa, che si definisce donna di fatti e non di parole, partecipa in prima persona, insieme al fratello minore Gioacchino Napoleone Pepoli e a molte popolane, alla battaglia dell'8 agosto 1848 contro gli austriaci che avevano occupato la città[11]: durante i combattimenti Carolina si prodiga nell'assistenza ai feriti, si occupa della confezione di divise e bandiere, e arriva a scendere nelle piazze insieme al popolo armato.

«Intanto per la città si son fatte le barricate. Abbiamo lavorato tutta la notte e ho fatta la mia parte anch'io. Una barricata è in faccia a Degli Antonj ed abbiamo portate pietre e fascine noi altre donne. Che piacere! Poter fare qualche cosa. (...) Tutti sapevano che ero stata io la prima ad andare in istrada e a lavorare alle barricate e subito son venute in istrada tutte le altre.[12][13]»

Inoltre apre una sottoscrizione per soccorrere le famiglie dei combattenti più poveri, si muove da sola, nonostante la presenza per le strade di bande di avventurieri in cerca di armi.

Nei giorni successivi alla battaglia riconosce il ruolo del popolino bolognese:

«Tutto il merito però è quasi interamente della canaglia.[13]»

Dopo la caduta della Repubblica Romana nel 1849, delusa per il voltafaccia di Pio IX, la Pepoli Tattini sceglie di appoggiare la causa sabauda e le idee liberali sostenendo le politiche di Minghetti e Cavour e criticando la politica del cugino Luigi Napoleone Bonaparte, alla quale presta comunque grande attenzione[14]. Carolina Pepoli accoglie nel suo palazzo di via Santo Stefano molti dei protagonisti del Risorgimento, da Bixio a Minghetti, da Farini a d'Azeglio: il suo è un salotto politico. Sarà in corrispondenza con Cavour. Ospita Giuseppe Garibaldi nella quiete di Villa Tattini, ai piedi dei colli, nel luogo chiamato "Coffee-House", dominante l'incrocio tra via Castiglione e via Sabbioni. Qui nell'estate del 1859 il generale, allora comandante dell'Armata emiliana, viene tutte le sere a prendere il the e rimane affascinato da Paolina, sorella di Carolina e vedova Zucchini. L'albero che copre le loro conversazioni - abbattuto nel 1929 da un fulmine - sarà per tutti da allora "l'alber ed Garibéldi".[15][16]

Nel periodo postunitario, probabilmente anche a causa dei numerosi lutti familiari - le morirono i due figli e il marito[17] - Carolina Tattini si allontana dalla politica attiva, pur mantenendo sempre vivo il suo interesse per l'impegno sociale; nel 1880, infatti, è tra le fautrici della costituzione di un'autonoma Società operaia femminile, attiva già dal 1875 come sezione all'interno della Società maschile. Nel 1888, in occasione delle celebrazioni dell'ottavo centenario dell'Università degli Studi di Bologna, presiede il comitato di accoglienza delle 72 signore bolognesi che offrono in dono all'ateneo il Gonfalone ideato da Alfredo Tartarini e tuttora conservato presso il Rettorato in Palazzo Poggi. Sarà anche tra i fondatori della "Società per il risanamento e la costruzione di case per gli operai" e viene nominata vicepresidente della sezione femminile della Croce Rossa.

Il monumento a Sebastiano Tattini, nel Chiostro III della Certosa di Bologna.

Carolina Pepoli Tattini si spegne a sessantotto anni a Bologna il 23 agosto 1892. È sepolta nella tomba monumentale di famiglia di Sebastiano Tattini, opera di Ignazio Sarti, nel Chiostro III del cimitero monumentale della Certosa di Bologna[18].

Archivio[modifica | modifica wikitesto]

Il Fondo documentario Carolina Tattini Pepoli, conservato presso la biblioteca del Museo civico del Risorgimento, a Bologna, contiene la corrispondenza prodotta dal 1845 al 1881 tra i membri della famiglia Pepoli Tattini e il fiorentino Giuseppe Pelli Fabbroni. Delle 373 lettere conservate, una parte rilevante è data dagli scambi epistolari di quest'ultimo con Carolina Tattini Pepoli.[19][20].

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c Jadranka Bentini 2011, pp. 32-33
  2. ^ Letizia Murat è la secondogenita dei reali di Napoli Gioacchino Murat e Carolina Bonaparte.
  3. ^ Elena Musiani 2003, p. 124.
  4. ^ Carolina Pepoli, su geni_family_tree. URL consultato il 13 giugno 2022.
  5. ^ Storia e Memoria di Bologna
  6. ^ Pepoli Tattini Carolina, su SIUSA Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. URL consultato il 30 marzo 2021.
  7. ^ Secondo altre fonti, nel palazzo di via Castiglione. Cfr. Jadranka Bentini 2011,  p. 32.
  8. ^ Elena Musiani, cit, 2003, p. 131.
  9. ^ Sulle personalità e la cultura di Carolina Bonaparte, Letizia Murat e Carolina Pepoli Tattini cfr. Elena Musiani 2003, pp. 117-138, che cita anche parte dell'epistolario tra Carolina Pepoli Tattini e l'amico fiorentino Giuseppe Pelli Fabbroni.
  10. ^ Attestato per esempio dal carteggio del 1946 con l'amico Fabbroni, ai primi segni di rivolta in Romagna e dei moti di Rimini. Elena Musiani 2003, p. 125.
  11. ^ La cacciata degli austriaci da Porta Galliera l’8 agosto 1848, su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 30 marzo 2021.
  12. ^ L. Lipparini, Bologna e il 1848 nella corrispondenza della Contessa Carolina Tattini Pepoli, in Atti e Memorie della Deputazione di Storia Patria per le Provincie di Romagna, n.s., vol. 1, 1948, pp. 39-40, cit in Elena Musiani, cit, 2003, pp. 129-130.
  13. ^ a b 1848. Le donne partecipano alla gloriosa giornata. Tra esse Carolina Pepoli Tattini, su Biblioteca Salaborsa, 14 settembre 2020. URL consultato il 30 marzo 2021.
  14. ^ A sposare la causa sabauda non saranno solo i Pepoli ma anche altre famiglie in vista di Bologna, come i Tanari o i Marescotti. Cfr. Elena Musiani, cit, 2003, p. 130.
  15. ^ Albero di Garibaldi, su Storia e Memoria di Bologna, Museo civico del Risorgimento. URL consultato il 30 marzo 2021.
  16. ^ Genus Bononiae blog, Due donne del Risorgimento bolognese, su Genus Bononiae blog, 15 agosto 2018. URL consultato il 5 gennaio 2024.
  17. ^ Il figlio primogenito Napoleone muore nel 1870 su un bastimento per l'America, nel 1878 muoiono il figlio Giovanni e il marito. Storia e Memoria di Bologna.
  18. ^ Monumento di Sebastiano Tattini, su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 30 marzo 2021.
  19. ^ Fondo Pepoli Tattini Carolina, su SIUSA Sistema Informativo Unificato per le Soprintendenze Archivistiche. URL consultato il 1º febbraio 2018.
  20. ^ Fondo documentario di Carolina Pepoli Tattini, su storiaememoriadibologna.it. URL consultato il 30 marzo 2021.

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Jadranka Bentini (a cura di), La voce delle donne. Guida al Risorgimento dell'Emilia Romagna, Torino, Umberto Allemandi & C., 2011, pp. 32-33, ISBN 9788842220312. (fonte)
  • Elena Musiani, Circoli e salotti femminili nell'Ottocento. Le donne bolognesi tra politica e sociabilità, Bologna, CLUEB, 2003, pp. 124-136. (fonte)
  • Serena Bersani, 101 donne che hanno fatto grande Bologna, Roma, Newton Compton, 2012, pp. 179-180
  • Luigi Bortolotti, Il suburbio di Bologna. Il comune di Bologna fuori le mura nella storia e nell'arte, Bologna, La grafica emiliana, 1972, p. 48
  • Tiziano Costa, Donne da prima pagina nel passato di Bologna, Bologna, Costa, 2017, pp. 142-147
  • Tiziano Costa, Grande libro dei personaggi di Bologna. 420 storie, Bologna, Costa, 2019, p. 146
  • Mirtide Gavelli, Otello Sangiorgi, Fiorenza Tarozzi (a cura di), Un giorno nella storia di Bologna, l'8 agosto 1848: mito e rappresentazione di un evento inaspettato, Firenze, Vallecchi, 1998, pp. 16, 44-46
  • Elena Musiani, Donne della massoneria a Bologna, in Giovanni Greco (a cura di), Bologna massonica. Fra passione e ragione, 3ª ed., Bologna, CLUEB, 2016, pp. 78-79
  • Marco Poli, Cose d'altri tempi IV. Frammenti di storia bolognese, Argelato, Minerva, 2015, pp. 91-92
  • Valeria Roncuzzi, Mauro Roversi Monaco, Bologna s'è desta! Itinerario risorgimentale nella città, Bologna, Minerva, 2011, pp. 72-81, 145-149
  • Gida Rossi, Bologna nella storia nell'arte e nel costume, Sala Bolognese, Forni, 1980, p. 652
  • Fiorenza Tarozzi, Politica, economia e società nell'età del Risorgimento a Bologna, in: “Quaderni di cultura del Galvani”, centocinquantenario, numero speciale, 2012, vol. 1., p. 36
  • Fondo Carolina Pepoli Tattini del Museo civico del Risorgimento di Bologna, trascrizione di alcune lettere a cura di Carmela Abagnara e Sofia Renzi, periodo 1845-1865

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