Carmen Artocchini

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Carmen Artocchini

Carmen Artocchini (Piacenza, 11 giugno 1925Piacenza, 10 dicembre 2016) è stata una pubblicista e studiosa di storia italiana.

Biografia[modifica | modifica wikitesto]

Carmen Artocchini nasce a Piacenza, figlia di Anacleto, impiegato presso la stazione ferroviaria di Piacenza e Maria Daprati, insegnante. Dopo aver frequentato la scuola elementare Giulio Alberoni, si iscrisse prima al Regio Liceo ginnasio Melchiorre Gioia e poi all’istituto Giulia Molino Colombini ottenendo il diploma magistrale senza aver sostenuto gli esami di maturità a causa della guerra[1][2].

Dopo aver iniziato a lavorare per una banca nell'estate del 1943, a seguito dell’8 settembre, Carmen si trasferisce a Monteventano, presso lo zio Guerrino, fratello del padre, continuando comunque a recarsi giornalmente a Piacenza per lavorare. Nell’autunno del 1943 si iscrive alla facoltà di Magistero di Torino, presso la quale conseguirà la laurea in materie letterarie nell’estate del 1950 con la tesi Piacenza e Federico II[1].

Tra il 10 febbraio e il 5 maggio 1945 fa parte, con il nome di battaglia Katiuscha della 10ª brigata "Valoroso" della I divisione del comandante Fausto Cossu, operando nel distaccamento di Monteventano e svolgendo compiti di furiere, staffetta e crocerossina. A seguito del suo impegno nella Resistenza, il 21 novembre 1961 le fu concessa da parte del distretto militare di Piacenza il riconoscimento di patriota[1].

Nel 1945 aderisce all’Unione donne italiane, partecipando alla campagna per l'ottenimento del diritto di voto. Negli anni successivi Carmen acquisisce importanza all'interno del movimento venendo nominata nel 1947 direttrice della colonia per bambine di Lerici. Nello stesso anno, tuttavia, si allontana dall'UDI abbandonandola nell'ottobre del 1947 dopo l'ascesa della politica comunista Maria Maddalena Rossi alla presidenza[1].

Attività[modifica | modifica wikitesto]

Dal 1946 al 1947 scrive su Voce nuova, il periodico dell’Unione delle Donne Italiane, con lo pseudonimo Katiuscha o Katia, il suo nome di battaglia, con cui aveva firmato anche il primo articolo uscito su Piacenza nuova, dedicato al partigiano Carlo Ciceri[1]. A partire dal gennaio 1954 inizierà a collaborare anche con il quotidiano piacentino Libertà[1].

Dal 1951 insegna all’istituto tecnico commerciale Gian Domenico Romagnosi lettere, storia e geografia, ruolo che manterrà fino al 1987[1].

Tra il 1955 e il 1957 è consigliera presso la sezione piacentina del Club Alpino Italiano[1]. A partire dal 1957 è membro dell’Istituto storico per il Risorgimento Italiano e socia ordinaria della sezione piacentina della Deputazione di Storia Patria per le Province Parmensi[1].

Parallelamente all'attività di giornalista e insegnante, continua gli studi e nel 1958 si diploma alla scuola di paleografia, diplomatica e dottrina archivistica presso l’Archivio di Stato di Parma[1].

Nel 1960 partecipa al Primo concorso Città di Piacenza, lanciato dal periodico italo-venezuelano El progreso, diretto dal giornalista piacentino Enio Concarotti, vincendo il primo premio ex aequo con Giustina Satta con il racconto Luretta vallata della mia infanzia ambientato a Monteventano e incentrato sulla sua formazione e sul tramonto della civiltà rurale in corso negli anni '60[1]. L'anno successivo si iscrive come pubblicista all’Ordine dei giornalisti dell’Emilia Romagna[1].

Dall’anno accademico 1966-1967 svolge il ruolo di assistente volontario presso la cattedra di paleografia e diplomatica dell’Università degli studi di Parma, nell'ambito del corso tenuto dal professor Ettore Falconi, ruolo mantenuto fino al 1975[1].

Tra il 1972 e il 1986 è la prima donna a ricoprire la carica di direttore responsabile del Bollettino Storico Piacentino affiancando il direttore scientifico a Giovanni Forlini[1].

Nel 1974 è una delle socie fondatrici e prima segretaria della sezione di Piacenza del Soroptimist, per la quale successivamente ricoprirà varie cariche tra cui quella di addetta stampa. Nello stesso anno partecipa insieme a Mario Di Stefano alla fondazione del Centro di documentazione delle tradizioni popolari piacentine, battendosi per la raccolta di attrezzi e oggetti al fine di istituire un museo della tradizione popolare, che verrà successivamente aperto nei locali della rocca Pallavicino Casali di Monticelli d'Ongina. Nel 1979 il Centro di documentazione viene assorbito nel «Centro etnografico provinciale» creato dall’amministrazione provinciale e diretto da Mario Di Stefano con una raccolta di documenti, anche sonori, che in seguitò confluirà nelle collezioni della biblioteca Passerini-Landi[1].

Nel 1978 diventa socia e addetta stampa del Club del fornello, carica mantenuta fino al 1998, e partecipa alla fondazione del comitato Unicef provinciale di Piacenza[1].

Nel 1996, in occasione del trentennale della morte di Giana Anguissola, promuove con il Soroptimist un convegno dedicato alla scrittrice. Nello stesso anno si adopera per altre due iniziative a favore dell’Anguissola: la collocazione di una targa a ricordo sotto il torrione del castello di Travo, dove Giana aveva vissuto e lavorato durante le estati, e l’interessamento presso la commissione comunale per la toponomastica per l’intitolazione alla scrittrice di una strada o un giardino della città. Nel 2007 ritorna ad occuparsi di Giana Anguissola e insieme a Nadia Crocco cura per conto del Soroptimist e della delegazione di Piacenza dell’Accademia italiana della cucina il riordino e la correzione delle bozze di Buona tavola e belle lettere, un ricettario di cucina emiliano-romagnola e lombarda predisposto dall’Anguissola e conservato inedito per decenni dal figlio della scrittrice[1].

Dal 2004 al 2006 è docente all’Università per la Terza età di Piacenza, mentre nel 2011 entra nella redazione del periodico l'Urtiga, diretto da Ippolito Negri[1].

In occasione del centocinquantesimo anniversario della fondazione dell'istituto Romagnosi fa parte del comitato di redazione che realizza una corposa pubblicazione volta a celebrare la ricorrenza[1].

Carmen Artocchini muore il 10 dicembre 2016 all’età di 91 anni. Dopo il funerale, celebrato nella chiesa della Santissima Trinità di Piacenza, viene cremata e tumulata nella cappella di famiglia a Ripaldina di Arena Po, in provincia di Pavia[1].

Dopo la scomparsa la sua biblioteca e il suo archivio furono donati all’Archivio di Stato di Piacenza e alla Biblioteca comunale Passerini-Landi, luoghi che aveva frequentato assiduamente nella sua carriera, mentre le sue fotografie furono donate al museo per la fotografia e la comunicazione visiva di Piacenza di Maurizio Cavalloni che ha provveduto nel corso del 2018 a pubblicarne una selezione nel volume Appunti fotografici. Carmen Artocchini e ad allestire due mostre: una presso la biblioteca Passerini-Landi e l’altra a Cerignale[1].

Opere[3][modifica | modifica wikitesto]

  • I castelli del Piacentino nella storia e nella leggenda, Piacenza, Unione tipografica editrice piacentina, 1967
  • Piacenza città murata, Piacenza, Unione tipografica editrice piacentina, 1967
  • Otto castelli della Val Luretta, della Val Trebbia e della Val Nure, Piacenza, Unione tipografica editrice piacentina, 1968
  • Il folklore piacentino. Tradizioni, vita e arti popolari, Piacenza, Utep, 1971
  • L’industria del bottone nella storia. Moda e costume a Piacenza, Piacenza, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Piacenza, 1971
  • L’uomo cammina. Sulle vie del piacentino dalla preistoria ad oggi, Piacenza, Camera di Commercio industria artigianato ed agricoltura, 1973
  • Le padrone di Parma e Piacenza, Piacenza, Stabilimento tipografico piacentino, 1975
  • 400 ricette della cucina piacentina, Piacenza, Stabilimento tipografico piacentino, 1977
  • Boccia, Antonio, Viaggio ai monti di Piacenza (1805), trascrizione a cura di Carmen Artocchini, Piacenza, TEP-Gallarati, 1977
  • Il Folklore piacentino. Tradizioni, vita e arti popolari, Piacenza, Tep, 1979
  • La medicina a Piacenza tra scienza e superstizione, Piacenza, Tip.Le.Co., 1979 (coautore Fausto Fiorentini)
  • Storie di maghi di uomini forti di donne belle di bambini furbi di bestie parlanti, edizione speciale a cura del Comitato provinciale Unicef di Piacenza, Stabilimento tipografico piacentino, 1980 (coautrice Dora Eusebietti)
  • Castelli piacentini, Piacenza, Tep, 1983
  • Il ferro battuto nel Piacentino, Piacenza, edizioni Grafiche Lama, 1995
  • L’industria del bottone nella storia. Moda e costume a Piacenza, Piacenza, Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Piacenza, 1997 (ristampa anastatica)
  • Tradizioni popolari piacentine, v. 1, La ruota del tempo, Piacenza, Tep Edizioni d’arte, 1999
  • Tradizioni popolari piacentine, v. 2, Fantasia e saggezza, Piacenza, Tep Edizioni d’arte, 2000
  • Tradizioni popolari piacentine, v. 3, Le ore della gioia, Piacenza, Tep Edizioni d’arte, 2002
  • Piacenza a tavola. Ricette tipiche della cucina piacentina raccolte e trascritte da Carmen Artocchini, Piacenza, Tip.Le.Co, 2005
  • Tradizioni popolari piacentine, v. 4, La fede, il mistero, l’occulto, Piacenza, Tep Edizioni d’arte, 2006
  • Le ricette di Natale. Cinquanta ricette piacentine raccolte da Carmen Artocchini, Piacenza, Tip.Le.Co, 2007
  • Virginia Zucchi, genio della danza dell’Ottocento. Sedusse l’Europa in punta di piedi, Piacenza, Tipolito Farnese, 2007 (coautrice Nadia Cocco Bognanni)
  • Anguissola, Giana, Buona tavola e belle lettere: il ricettario di Giana Anguissola per l’Accademia Italiana della Cucina, a cura di Carmen Artocchini, Piacenza, Tip.Le.Co., 2007
  • Principesse, infante e duchesse. Storia al femminile tra Farnese e Borbone, Piacenza, Tip.Le.Co, 2011

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s t u Patrizia Anselmi, Ciao Carmen - Un omaggio a una grande amica dell’Archivio di Stato di Piacenza, 8 ottobre 2017. URL consultato il 20 agosto 2021 (archiviato dall'url originale il 6 dicembre 2022).
  2. ^ . Nel 1943 il quotidiano piacentino "La Scure" comunicava che il Ministero dell’educazione aveva fissato il termine delle lezioni al 20 maggio. Veniva fissato, anche il calendario degli esami che poi però non si tennero e i ragazzi si «trovarono ‘maturi’ o ‘licenziati’ con i voti dello scrutinio finale»
  3. ^ Anselmi, Latronico e Morsia (a cura di).

Bibliografia[modifica | modifica wikitesto]

  • Patrizia Anselmi, Enzo Latronico e Daniela Morsia (a cura di), Qualcosa as plucca seimpar Bibliografia degli scritti di Carmen Artocchini: 1945-2018, Piacenza, Tip.Le.Co, 2018.

Collegamenti esterni[modifica | modifica wikitesto]

Controllo di autoritàVIAF (EN61386746 · ISNI (EN0000 0000 4714 2437 · SBN CFIV023793 · LCCN (ENnr88001763 · GND (DE1176987410 · J9U (ENHE987007288470505171
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