Latrunculi

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Latrunculi
Ricostruzione moderna del latrunculi al Museo Archeologico di Quintana, Künzing, Germania
Luogo origineAntica Roma
Regole
N° giocatori2
Requisiti
Preparativi1 minuto
Durataignota

Il gioco Ludus latrunculorum, o più semplicemente dei Latrunculi (briganti, mercenari), era un gioco da tavolo in voga nell'antica Roma, forse una variante della petteia (gioco praticato nell'Antica Grecia), forse simile ai moderni scacchi o dama. Le pedine, e occasionalmente il gioco stesso, erano chiamati calculi ("sassolini").

Di questo gioco ci sono pervenute notizie vaghe, quindi le dinamiche del gioco sono solo ipotizzate. Il numero delle pedine è sconosciuto: alcuni suppongono che siano state 30[1], altri 16[2]. Delle pedine è noto che avevano diversi compiti: c'erano le mandrae, i milites e i bellatores (di queste ultime due non si è certi se fossero le stesse chiamate con nomi diversi). Neanche la grandezza della tabula lusoria ci è nota: è stata ritrovata una scacchiera di 18 caselle in Danimarca[3], ma non essendo completa non è sicuro se fosse rettangolare o quadrata. Nella Basilica Iulia a Roma è stata invece ritrovata una tabula lusoria con 8 caselle per lato. Secondo l'interpretazione di altri, la tabula lusoria sarebbe stata di 12 caselle per 18.[4]

Regole generali[modifica | modifica wikitesto]

  • I briganti potevano muoversi in orizzontale o verticale per un qualsiasi numero di caselle e non potevano passare sopra un'altra pedina.
  • Alcune pedine potevano muoversi anche in diagonale.
  • Quando una pedina raggiungeva il lato opposto della scacchiera assumeva particolari compiti che non ci sono pervenuti.
  • Un "brigante" veniva catturato se circondato su due lati da due pedine nemiche.

Ricostruzioni delle regole[modifica | modifica wikitesto]

Note[modifica | modifica wikitesto]

  1. ^ G. P. Goold, Traduzione della Tristia di Ovidio pag. 91, nota 4.
  2. ^ Eugenia Salza Prina Ricotti, Giochi e giocattoli, pag. 104.
  3. ^ Th. Krüger, Das Brett- und Würfelspiel del Spätlatenzeit und der römischen Keiserzeit im freien Germanien, pag. 161, Cat n. 42.
  4. ^ http://www.comune.rimini.it/binary/comune_rimini/museo_della_citta/5_medie.1193213586.pdf[collegamento interrotto]

Fonti[modifica | modifica wikitesto]

  • Eugenia Salza Prina Ricotti, Giochi e giocattoli, Edizioni Quasar, 1995.
  • Publio Ovidio Nasone, Tristia